IL CAMILLO
edizione dicembre 2022
Articoli solo in edizione online:
Per la rubrica: "Le malattie psichiatriche più conosciute"
Sindrome di Stendhal: quando la bellezza fa male
di Elena Sangiorgi
Henry è entusiasta del suo viaggio, l'ispirazione per i suoi romanzi lievita sempre di più e non può far altro che lasciarsi coinvolgere dalle bellezze che lo circondano, e come dargli torto; si sa, città italiane come Roma, con la sua Storia, Napoli, con i suoi borghi, e Firenze, con i suoi quadri, sono bellezze in cui facilmente ci rifugiamo. Quando Henry, però, entra nella Basilica fiorentina di Santa Croce si sente attratto da un sapore nuovo, un'aura gli cinge il capo e annebbia la vista e l'atmosfera artistica prende le redini del suo cervello e lo spinge, a occhi spalancati, verso qualsiasi nicchia, scultura, quadro e mattonella levigata. Seguono poi le tombe di personaggi illustri come Machiavelli e Michelangelo, finché un frate non lo accompagna ad ammirare la cappella Niccolini, affrescata da Volterrano. L'unico sentimento che riesce a provare davanti alle Sibille affrescate è pura ammirazione e quasi gli occhi gli lacrimano, ma lui non vuole chiuderli per paura di veder scomparire quelle bellezze. Ad un certo punto, però, si sente strano; certo, non che fino ad ora abbia provato disinteresse, ma adesso sente una fiammella dentro di sé e dopo il fuoco; avvampa, ha caldo ed annaspa in cerca di ossigeno, sente la gola bruciare e la vena sul collo perdere un battito per poi recuperarne tre in un solo millesimo di secondo. I suoi polpastrelli percepiscono sotto di loro il tessuto caldo che avvolge il corpo delle Sibille e quasi ne può sentire l'odore; il dorato dei loro capelli gli lega i polsi ed il loro abbraccio gli impedisce qualsiasi movimento, anche la mandibola è ferma come ormai da più di dieci minuti.
Ebbene, questa è la storia che Marie-Henry Beyle descrisse nel suo romanzo "Stendhal", in cui racconta questa esperienza folgorante e da cui prende il nome la sindrome che lo vede protagonista a Firenze; non a caso, infatti, è anche chiamata "sindrome di Firenze" o "di Gerusalemme", le città dove più ci sono stati casi.
Di certo, spiegare le ragioni per cui una persona, soprattutto turisti stranieri, è colpita da questa sindrome è difficile e lungo, ma è interessante notare che chiunque potrebbe essere vittima della bellezza, sebbene questo ci possa risultare impossibile.
Gli ultimi studi scientifici hanno dimostrato che quando un individuo osserva un'opera d'arte, si attivano determinate aree cerebrali tra cui regioni del cervello come, ad esempio, l'amigdala, implicate nel funzionamento della sfera affettiva ed emotiva, ed il sistema dei neuroni a specchio. Questi sono particolari neuroni che si attivano nei coinvolgimenti relazionali. Nella sindrome di Stendhal pare che individui dotati di particolare intelligenza emotiva possano addirittura provare gli stessi stati emozionali che l’autore abbia voluto esprimere nell’opera d’arte.
Quindi l'immedesimazione nei confronti del soggetto rappresentato o addirittura nell'artista stesso porta ad una reazione di malessere diffuso, incontrollabile e qualche volta esagerata. I soggetti più colpiti sono i "deboli di cuore", con esperienze pregresse che hanno reso precaria la loro sicurezza, gli stranieri e gli uomini di grande cultura. Questa sindrome infine può presentarsi in occasioni come quella del nostro protagonista, Henry, che, lasciato solo dal frate nella cappella Niccolini, poteva percepire meglio le proprie emozioni, udire la propria anima senza altro rumore di sottofondo, immedesimarsi nelle Sibille e nelle venature del marmo. Sicuramente condizioni diverse come la semplice compagnia del frate non avrebbero permesso di ascoltare con attenzione il battito del proprio cuore, proprio come quando si è in gruppo.
Inoltre, perché la sindrome di Stendhal appassiona così tanto gli psicologi? Provo a rispondere con la stessa modesta curiosità che mi ha portato ad approfondire e scrivere sull’argomento: probabilmente è un chiaro esempio di come la nostra mente, per quanto razionale possa essere, anche negli eventi più irrazionali, sia capace di navigare in mondi sconosciuti e remoti, in cui si immedesima e riconosce la propria anima.
Arrivederci e… alla prossima sindrome!
La magia
di Samuele Tinti
Il termine “magia”, in greco maghèia, deriva da una radice persiana legata alle religioni del Medio Oriente. Il màgos altri non era che un sacerdote.
Lo storico Erodoto ce li presenta come consiglieri del Gran Re che, facendo sacrifici, tentano di ingraziarsi gli elementi della natura affinchè non ostacolino la conquista della Grecia.
La figura del mago in seguito si diffonde nel mondo greco diventando un elemento quasi costante nella letteratura; si pensi a Circe, capace di trasformare gli animali in uomini tramite dei phàrmaka (intrugli magici), che Odisseo riesce a contrastare solo con l’aiuto del dio Ermes il quale gli fornisce un’erba speciale in grado di renderlo immune ai beveraggi della maga. Un’altra figura di spicco della categoria è Medea che, facendo un uso spregiudicato della sua magia, aiuta l’amato Giasone a conquistare il vello d’oro e a liberarsi dello zio Pelia che aveva usurpato il trono del giovane per anni (ella convince le figlie a farlo a pezzi e poi bollirlo per farlo ringiovanire). Dopo essere stata tradita da Giasone, infine, Medea uccide tutti i figli avuti da lui.
C’è da notare che queste figure, con l’intenzione da parte degli autori di accrescere l’aura di mistero ed esoticità ad esse connessa, sono spesso legate a luoghi lontani e talvolta inventati; ne sono esempi l’isola di Eea per Circe e la Colchide per Medea. Di sovente infatti le maghe greche erano originarie di regioni periferiche e rurali dell’Ellade (in particolare la Tessaglia e la Tracia).
Il potere dei maghi si basava (o si basa, visto che il concetto essenziale è lo stesso ancora oggi) sull’uso della parola: attraverso un canto/incantesimo noto come epodè (che agiva sul mondo empirico, cioè quello percepibile ed esplorabile con i cinque sensi) intervenivano sui corpi e le anime.
Oltre ai riti compiuti dagli “specialisti”, ne erano diffusi altri “fai da te” basati sulle “legature” ossia maledizioni nei confronti di qualcuno: si scriveva il nome della persona in questione, insieme a simboli esoterici e formule magiche, su un coccio che poi veniva sotterrato in un cimitero o in un luogo in cui era avvenuta un’esecuzione.
All’epoca quindi la magia era principalmente utilizzata per finalità oscure; è per questo motivo che essa fu così aspramente criticata dalla maggior parte dei filosofi antichi e bandita dalle leggi delle città. A tal proposito ricordiamo Platone che nel dialogo Leggi afferma: “[i maghi] Incantano l’anima di molti viventi, vantandosi di saper evocare i morti e promettendo di persuadere gli dei, come se potessero raggirare con sacrifici, preghiere ed incantesimi”. La magia era pertanto percepita come uno strumento da evitare e aborrire perché accusata di minare il rapporto tra uomini e dei. La maghéia era diversa dalla thèsebeia: attraverso la seconda l’uomo poteva comunicare direttamente con gli dei tramite dei riti, con la magia invece lo stregone portava questa possibilità all’estremo, modificando pericolosamente la realtà e cercando di sottomettere al suo volere il soprannaturale.
Per la rubrica: "Gli abbracci"
Gli abbracci nell’arte: Amore e Psiche
di Matilde Pintauro e Sophie Re
C'era una volta, in un posto tanto lontano, una bellissima e dolce fanciulla di nome di Psiche, e, in un luogo altrettanto lontano, c’era l’incantevole Amore, dio degli innamorati e figlio della dea Afrodite.
Quando quest’ultima venne a sapere che una simile bellezza era custodita da una comune mortale, ordinò ad Amore di scagliare una delle sue magiche frecce contro la fanciulla cosicché essa si invaghisse dell’essere più ripugnante al mondo. Amore tuttavia, una volta vista Psiche, fu subito ammaliato dal suo fascino e decise che non avrebbe obbedito al fermo comando della sua divina madre. Cercando una via d’uscita da questa situazione, il dio convinse con l’inganno la fanciulla a recarsi sulla cima d'una montagna, e, dopo che questa ebbe salutato i suoi genitori, incaricò il vento dell’Ovest di condurre la fanciulla verso un palazzo d’oro. Da allora Psiche visse nelle sale di quel meraviglioso luogo aspettando l’arrivo del suo amato. Finché una volta sul calare della notte Psiche, mentre si accingeva a coricarsi nel letto pensando al suo amato, sentí una voce soave che rispondeva alle domande che ella continuava a porsi.
Così si conobbero la bellissima, ma mortale, Psiche e l’incantevole Amore, e da quel momento trascorsero attimi stupendi insieme, pur non incontrandosi mai di persona.
Tempo dopo arrivò il momento in cui Psiche, desiderosa di rivedere i suoi genitori, chiese al suo amato il permesso di poterli incontrare. Ottenuto il suo consenso allora, si recò dalla sua famiglia. Tuttavia al raccontare alle sorelle del suo misterioso innamorato non ottenne da loro la gioiosa reazione che si aspettava: rimase molto stupita quando quelle, invidiose della sua bellezza e della sua fortuna, si mostrarono dubbiose e per di più, tempestandola di domande, finirono per farle sorgere molti dubbi riguardo l’identità di Amore. Così Psiche, confusa e addolorata, fece ritorno allo sfarzoso palazzo intenta a scoprire l’identità del suo amato e, una volta tornata, illuminò il volto dello sposo addormentato con una lucerna, scoprendo così che l’incantevole fanciullo era Amore in persona! Il dio tuttavia si accorse di lei e andò via inorridito.
Così Psiche, nostalgica dei momenti trascorsi con il suo amato e addolorata per l’abbandono, si recò dalla dea Afrodite, la quale era ignara dei sentimenti che il figlio nutriva per la fanciulla. Quando allora lo venne a sapere decise di punire Psiche sottoponendola a diverse prove estenuanti, la terza delle quali fu la più ardua da superare poiché consisteva nello scendere negli Inferi per prendere la boccetta dell’eterna bellezza dalla regina Persefone. Psiche riuscì nell’impresa, ma nel suo viaggio di ritorno, presa da infausti pensieri sul suo conto, aprì la boccetta pensando così di diventare eternamente bella. Tuttavia ciò non accadde: fu infatti catturata dal profondo sonno di Persefone.
Amore pertanto, turbato dalla situazione della sua amata, la raccolse delicatamente da terra -questo è il momento cristallizzato nella scultura di Canova- e la condusse sull’Olimpo.
In quel luogo, con il consenso degli dei, Psiche divenne immortale e potè per sempre insieme ad Amore.
Abbiamo qui sotto raffigurato l’eterno abbraccio fra Amore e Psiche, pieno di amore e grazia, rappresentato dallo scultore veneziano Antonio Canova, che a nostro parere, è riuscito a rappresentare in modo eccezionale l’unione, prima effimera e poi duratura, tra una bellissima fanciulla disposta a dare la vita per il suo amato e un dio che pur di salvarla disobbedisce agli ordini della divina madre.
Per la rubrica: "Gladii et clipei"
La battaglia di Salamina
di Alessandro Carbone e Gabriele Polimeno
23 settembre 480 a. C., Grecia, presso il golfo di Salamina si sta combattendo una delle battaglie più importanti della storia dell’antichità, questa battaglia infatti determinerà lo sviluppo della cultura greca e di quella occidentale. La domanda che sorge è: come si è arrivati a questo scontro decisivo? Nel 480 a. C. Serse, imperatore di Persia, organizzò una spedizione militare punitiva contro i Greci per la sconfitta a Maratona nel 490 a. C.; nello stesso anno, attraversò lo stretto dei Dardanelli con un ponte di navi lungo 1200 metri e, ad agosto, raggiunse le Termopili dove i simbolici trecento spartiati tennero testa fino alla morte dell’intero esercito persiano. Vinta questa battaglia, i Persiani raggiunsero Atene e la rasero al suolo, i cittadini nel frattempo erano stati evacuati e trasferiti nelle isole di Trezene, a Salamina e nel Peloponneso. I Greci però non si arresero e continuarono a difendere tutto ciò che restava, e qui si arrivò a Salamina. Le forze in campo erano schiaccianti: 368 navi greche contro circa le 800 persiane. Temistocle, generale ateniese, ideò un piano: alcuni giorni prima della battaglia, scrisse un messaggio indirizzato ai comandanti delle navi persiane provenienti dalla Ionia in cui li pregava di tradire i Persiani e di combattere per la loro madre patria. Non si sa se gli Ioni accettarono, però Serse tenne nelle retrovie le navi greche per evitare eventuali problemi ed inviò alcune navi a sbarrare l’unica via d’uscita dal golfo. Nelle battaglie navali si cercava di speronare la nave nemica oppure di distruggere i remi, le navi persiane erano molto più abili in ciò, ma il golfo di Salamina è troppo stretto per fare azioni di quel tipo, le navi allora si incastrarono le une con le altre e i Greci, con i loro opliti a bordo, trasformarono la battaglia navale in una battaglia corpo a corpo nella quale erano nettamente superiori.
Dopo la battaglia Serse ricevette i comandanti superstiti e si rivolse ad Artemisia, regina della città di Alicarnasso, ritenendola l’unica ad aver compiuto un buon lavoro, con la celebre frase: “Gli uomini mi son diventati donne e le donne uomini”. Serse, dopo la sconfitta, tornò in Persia lasciando un contingente di soldati con a capo Mardonio che verrà sconfitto definitivamente l’anno successivo a Platea.
L’eroe della battaglia, Temistocle, anni dopo verrà esiliato da Atene e morirà come satrapo in una provincia persiana. Ad egli infatti importava così tanto di aver sconfitto i persiani che chiamò addirittura sua figlia Asia.
Tolkien vs Lewis: alle origini del Fantasy
di Raffaele Parisi
Una grande amicizia
Il fantasy è senza dubbio uno dei generi letterari piú amati dai lettori, soprattutto tra quelli piú giovani. Sebbene l’idea di “fantastico” sia presente nella letteratura mondiale fin dall’epoca di Omero e Gilgamesh, come genere si è sviluppato nell’ultimo secolo e vede come principali esponenti J. R. R. Tolkien e C. S. Lewis. Tolkien e Lewis furono grandi amici, infatti entrambi fecero parte del circolo Inklings durante il loro periodo ad Oxford. Qui si scambiano pareri sui libri scritti e ciò portò ad entrambi una motivazione per continuare a scrivere. Però se Lewis apprezzò le opere di Tolkien (Lo Hobbit E Il Signore degli Anelli), sembra che questo non ricambiasse per quella dell’amico (Le Cronache di Narnia). Infatti Tolkien sosteneva che in realtà le Cronache di Narnia fossero “un insieme di miti raccontati in maniera superficiale”. Nel mentre Lewis difendeva Tolkien dall’ incalzante critica scrivendo che: “Ma sappiamo subito che ci ha fatto delle cose. Non siamo proprio gli stessi uomini”. Addirittura Lewis fece candidare al Nobel Tolkien per la sua opera. Però, dopo il matrimonio di quest’ultimo, l’amicizia iniziò a sgretolarsi, per motivi a noi sconosciuti. Ma adesso passiamo a fare un'analisi delle tre opere in maniera distinta.
Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli
Lo Hobbit è l’opera che da vita a tutto il ciclo della Terra di Mezzo e che in parte ci introduce quello di cui si parla nel Signore degli Anelli. La storia non è molto complicata: uno stregone si presenta davanti alla casa di un Hobbit, gli propone di partire per un viaggio ed il resto è storia. Comunque, analizzando l’opera dal punto di vista della struttura, non abbiamo molto da dire. È una narrazione lineare, che ha un capo e una coda (benché lasci un po’ in sospeso la storia dell’anello, che però trova un fine anche nel libro) e non porta noia al lettore. A differenza de Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli è un libro più “adulto” sia contenutisticamente sia strutturalmente. Infatti nel testo più volte sono presenti poesie o lunghe descrizioni che frenano il ritmo che avevamo ne Lo Hobbit. Inoltre Tolkien fa capire in modo chiaro che prova una grande passione per le genealogie lunghe e dettagliate, inserendole frequentemente nell’opera.
Le Cronache di Narnia
Le Cronache di Narnia sono l’esempio tipico delle storie per bambini. La lunghezza di ognuno dei sei libri è lungo all’incirca tra le cento e centocinquanta pagine. Sono storie molto basilari….troppo basilari. Benché ricco di personaggi, i fatti narrati sono sempre descritti in modo veloce e molto sbrigativo. Effettivamente Tolkien non aveva tutti i torti. Inoltre le nozioni cristiane che Lewis inseriva rende il tutto più un saggio morale che un racconto fantasy.
È meglio Tolkien o Lewis?
Chi è meglio tra i due? Non è una domanda a cui si può rispondere in maniera concreta poiché ognuno ha le sue opinioni. Entrambi hanno due modi di scrivere diversi, due fini diversi. L’unica cosa che possiamo fare è ammirare due opere che al loro tempo, come oggi, fecero la storia della lettera moderna.
Quando la memoria gioca brutti scherzi: l'Effetto Mandela
di Raffaele Parisi
Siamo realmente sicuri di poterci fidare della nostra memoria? Oppure anche questa può essere corrotta?
Cos'è l’<<effetto Mandela>>?
Talvolta può capitare di essere così convinti della veridicità di un’idea da rimanere sconvolti nel momento in cui si scopre che si trattava di un falso ricordo. Si sono registrati episodi nei quali questo fenomeno è avvenuto in massa riguardo la stessa microarea, e si suole in questi casi citare il cosiddetto “Effetto Mandela”, il cui nome è stato scelto dalla studiosa di scienze paranormali Fiona Broome; durante un convegno, infatti, la donna, sostenuta nella sua idea da un cospicuo numero di partecipanti all’evento, aveva affermato di ricordare nei minimi dettagli il funerale di Nelson Mandela, secondo loro morto intorno agli anni ‘80. Tutto sarebbe andato per il meglio, se solo non fosse stato per un piccolissimo dettaglio: all’epoca dei fatti Mandela era ancora vivo.
Da cosa è provocato?
La spiegazione più comune di questo fenomeno consta nella cosiddetta “confabulazione collettiva”: si tratta della creazione di ricordi basati sull’influenza di falsi storici - siano questi video,audio o scritti - che spiegherebbe la diffusione in larga scala dell’Effetto Mandela. È altresì possibile che il fenomeno trovi i suoi principi eziologici in una molto diffusa alterazione dei ricordi o in un’errata assimilazione delle informazioni.
Esempi di <<effetto Mandela>>
In virtù della diffusione su larga scala succitata, è doveroso, nonché molto semplice, menzionare alcuni tra i più noti casi di questo fenomeno psicologico: si ricordi, primo tra tutti, la citazione indebita della frase tratta dal film Biancaneve: <<specchio, servo delle mie brame>>, modificata dall’immaginario comune in <<specchio, specchio delle mie brame>>. Un altro esempio di relativa notorietà riguarda il capolavoro letterario - e successivamente cinematografico - Frankenstein, eponimo non del mostro - come si è soliti ricordare - quanto invece dello scienziato che quella creatura ha generato.
Etimo fuggente
di Lumière
Buongiorno a voi cari lettori, è Lumière a parlarvi. In questa edizione, andremo a scoprire la provenienza etimologica dei nomi meno diffusi in Italia.
Dèsirèe: deriva dal latino Desiderata, al maschile Desiderio. Si diffuse nella Gallia Medievale sotto forma di Dèsirèe, che a quei tempi veniva tradotto in volgare come Desideria. In Inghilterra, in particolare nelle zone più a nord della penisola, come Edimburgo e le Highlands, venne “regalato” ai nascituri come Disary, che letteralmente significava “La Ben Voluta”. Purtroppo, non essendo mai esistita una santa che portasse questo nome, esso è detto adespote, ovvero senza festività attribuita dalla Chiesa, se non per il genere maschile. Solitamente è festeggiato lo stesso giorno del compleanno. VIP: Dèsirèe Di Svezia, regina si Svezia, Dèsirèe Clary, regina di Svezia e Norvegia e Re Desiderio, re dei Longobardi e Barbari.
Lorenzo: deriva dal latinismo Laurentius, che significa abitante della città di Loreto. Un’antica leggenda narra che colui che per primo portò questo nome nacque sotto un albero di alloro, tipico della macchia mediterranea. Il termine alloro proviene anch’esso dal latino laurus, che, con l’evoluzione dell’attuale lingua italiana, è diventato di riferimento sia per la pianta che per i laureati: in fatti, nell’antichità, si era soliti premiare i valorosi condottieri e i poeti conferendo la corona d’alloro.
Il Santo Patrono di Genova, protettore dei lavoratori, si festeggia il 10 di agosto (la notte delle stelle cadenti), invece Santa Lorenza ricorre l’8 di ottobre. Vip: Lorenzo De’medici, Lorenzo Tramaglino, Lorenzo Cherubini.
Sara: deriva dall’ebraico Sarah, che significa principessa. Si diffuse in particolare modo nell’epoca nazista, quando molte delle donne ebree senza un nome tipico del paese natale vennero chiamate così. L’onomastico viene festeggiato il 20 di aprile, in memoria della martire d’Antiochia. Vip: Sara Simeoni, Sarah Bernhardt, Sarah Ferguson.
Selene: deriva sicuramente dal greco attico-cipriota Σελήνη, Luna. Si diffuse, oltre che in America Settentrionale, persino in Lombardia, dove ancora oggi è abbastanza comune. L’onomastico, essendo un nome adespote, si festeggia il 1 di novembre, festa d’Ognissanti. Vip: Selena Gomez, Selena Royle.
Ezio: la derivazione è incerta: potrebbe essere di origine etrusca o greca. Il primo ceppo di derivazione sarebbe collegato al nome Aetus, un gentilizio romano degli albori dell’Impero Romano Italico. Il secondo, invece, deriverebbe dal sostantivo Aetòs, che in greco significa Aquila. L’onomastico viene festeggiato il 6 Marzo o il 14 Agosto, in memoria di Sant’Ezio martire. VIP: Ezio Sella, Ezio Greggio, Ezio Foppa Pedretti.
Andrea: deriva dall’inflessione attica del greco antico della parola Andrèas, che indica forza e mascolinità della persona che porta questo nome. Secondo l’ISTAT, nel 2004 era il nome più “in voga” tra i giovani. È uno dei pochi santi che festeggia quasi 23 volte all’anno. VIP: Andrea Bocelli, Andrea Camilleri, Andrea Pirlo, Andrea Pisano.
Dafne: deriva sicuramente dal mito greco Apollo e Dafne, uno tra i più importanti della mitologia eziologica.
In greco significa letteralmente alloro ed è simbolo di vittoria e gloria. Questo nome è adespote, perciò si festeggia il primo di Novembre. VIP: Dafne Guinness, Dafne Ashbrook, Dafne Keen.
Guendalina: deriva dal celtico e significa “donna dalle sopracciglia candide”. A partire dal IV secolo si diffuse nella Vecchia Britannia. In Italia non è molto diffuso, tranne che nella zona di Roma e Viterbo. Il suo onomastico si festeggia quattro volte l’anno. VIP: Guendalina Buffon, Gwendolyn Bennet, Guendalina Brooks.
Miti e leggende
di Lumière
Lettori amatissimi, è sempre Lumière che quest’oggi vi narra un mito di origine greca, seguito da un’avvincente leggenda torinese.
MITO EZIOLOGICO DELLE ROSE ROSSE
Adone, nato dall’unione incestuosa di Mirra con suo padre Cinira, fu amato follemente da Afrodite. Ares, dio della guerra, geloso dell’amore che la dea aveva per il giovane, lo fece uccidere da un cinghiale durante una battuta di caccia. Dal sangue di Adone nacquero gli anemoni e dal sangue di Afrodite, corsa tra i rovi a soccorrere l’amato, le rose rosse. In realtà, le rose bianche già esistevano ed erano fiori sacri ad Afrodite; da quel momento, però, per il sangue della dea addolorata, diventarono rosse.
LEGGENDA ESOTERICA DI TORINO
La splendida ed elegante Torino nasconde lati oscuri. Il mondo dell’occulto trova terreno fertile. Un chiaro esempio è rappresentato da Piazza Statuto, luogo che cela particolari a dir poco inquietanti. Al centro è posto un enorme monumento che venne eretto nel 1879 per celebrare la realizzazione del traforo del Frejus. Le teorie più oscure vorrebbero che al suo interno sia celata nient’altro che la Porta dell’Inferno. A spingere la credenza popolare in questa direzione satanica fu la posizione del gruppo scultoreo, che si trova sul 45° parallelo: sarebbe, dunque, uno dei vertici del triangolo della magia nera, composto da Torino, Londra e San Francisco.
Volgendo lo sguardo a un passato ben più remoto, si scopre come in epoca romana quest’area venisse utilizzata per giustiziare i condannati a morte, che venivano sepolti nello stesso luogo. L’attuale Piazza si trova infatti ad occidente, dove il sole scompare e dove ha inizio il regno delle tenebre.
Nel corso dei decenni gli esperti di esoterismo si sono concentrati particolarmente sulla statua del Genio alato: nella tradizione popolare, infatti, questa figura viene generalmente associata a quella di Lucifero, ovvero l’angelo cacciato dal Paradiso, divenuto Demonio.
Oroscopo
di Lumière
Salve a voi, cari topi da biblioteca. Che pomeriggio entusiasmante vi aspetta! Sono qui per darvi un ultimatum sugli astri di questo instancabile mese…d’altronde è sempre Lumière che vi parla.
Aquarius: la pesantezza di Saturno, sempre freddo e impassibile, insieme ad URANO, da capogiro, continuano a darvi input contrastanti, dapprima statici, poi iperattivi. Non saranno per niente d’aiuto Sole e Venere, che con il loro catalizzante sguardo creativo daranno ispirazione a futuri artisti e poeti. Scorpione, invece, vi ha dato un bel “2 di picche”, con la sua momentanea controversia. Inoltre il 28 perderete completamente l’appoggio di Giove e Saturno, dislocatisi rispettivamente in favore di Pesci e Scorpione, complicando ancora di più il tortuoso mese. Dulcis in fundo, fortunatamente, arriva Marte, sportivo, combattivo ed intraprendente, al momento in segno Gemelli, che vi supporterà nel corso di tutto il bimestre.
Pisces: novelle eclatanti per i prescelti di questo segno perché, con l’appoggio di Nettuno, entro fine mese vi sarà un’ingente esplosione di creatività e ottimismo. Finalmente, dopo i litigi con amici e famiglia causati da Marte in Scorpione e Vergine, segni antagonisti al vostro, vi saranno regalati solo bonus. Con Sole e Venere in Pesci -erotici e profondi- e Marte in vostro favore, avrete sicuramente rapporti migliori e maggiore propensione all’ascolto e alla comprensione di chi vi sta intorno. Infine, amicizia e protezione, ma soprattutto trasgressività, regalativi da Plutone e Urano, vi rifocilleranno per le sfide del prossimo trimestre.
Aries: l’esordio di questo mese è certamente segnato da Giove in vostro sfavore, dopo un lungo periodo di quiete. Il vero pezzo forte, però, è Marte con la sua sportività e Saturno con il suo “philosophy mood”. Purtroppo, dovrete sottostare a battibecchi continui con chi vi sta intorno, causa la coppia Sole-Venere, giudiziosi ma casinari a livelli estremi; Plutone, invece, critico e spocchioso come al solito, vi provocherà un bel po' di grane difficili da mandar giù.
Taurus: benefit ingente in arrivo dal vostro amico Urano, sempre originale e trasgressivo, e dall’autorevole Plutone, che vi sostenterà per massimo dieci giorni. Avrete Sole e Venere in Scorpione, sinonimo di grossi guai e carogne per tutti voi menti ribelli. Giusto per lasciarvi in bellezza, riscontrerete, man mano che il meteo diventa autunnale, freddezza e rigidità nei confronti degli altri, grazie a Saturno.
Gemini: a darvi forza e ottimismo sicuramente vi sarà Marte. Saturno, al contrario, vi darà un bel voltafaccia causandovi non pochi guai. Mercurio, che fino a pochi giorni fa vi faceva sembrare ipercritici e instancabilmente ipocondriaci agli occhi dei familiari, con l’arrivo dell’autunno cambierà umore, risvegliando il vostro lato spassoso e pacato. L’ultimo pianeta in vostro favore è il filosofico Saturno, che vi regalerà il senso di tempo e spazio che prima vi sfuggiva più facilmente.
Cancer: graziose novità vi giungeranno da Giove entro fine mese, mentre Nettuno, vostro fedele alleato, rientrerà in favore di Pesci. Sole e Venere in Scorpione, pentiti di avervi bistrattati lo scorso mese, daranno un ulteriore exploit durante gli inizi del mese, con Cottarelle Scottanti e Frecciatine dalla Punta Aguzza. Lo stesso vale per Mercurio, che di certo non giunge da Vergine per aiutarvi, ma, anzi, per innescare nelle vostre menti dubbi irrisolvibili. Infine arriverà Plutone, che metterà zizzania nelle relazioni interpersonali più intime… sarete pronti?
Leo: i momenti più duraturi ve li proporrà il giocondo Giove, che in questo mese è in vostro favore; Marte, invece, acuirà la vostra passionalità in amore e la competitività nel gioco. Già dal 10 vi si presenteranno Mercurio, Sole e Venere, che addurranno alla vostra personalità saggezza ed equilibrio psicofisico. “Tutto cangia, ma non sempre giova”… sarà così anche per voi. Tutti i pianeti, compreso il belligerante Urano, che fino ad ora vi sono stati di supporto, entro fine mese non solo vi metteranno in difficoltà estreme, ma vi renderanno impassibili e imprevedibili agli occhi di tutti.
Virgo: l’ultimo pianeta rimasto nel vostro segno, Mercurio, vi renderà, per un lungo lasso di tempo, pragmatici e pensierosi nelle occasioni difficili. Sole e Venere, circa da metà mese in poi, aggiungeranno al vostro carattere un po’ di mistero, allo scopo di riavvicinare un amore non corrisposto o una vecchia conoscenza. Se da una parte avrete la protezione rigorosa di Urano e Plutone, non si potrà dire lo stesso di Marte, sempre astioso e freddo nei confronti del vostro segno. Infine, la notizia più scottante è sicuramente l’arrivo di Giove e Nettuno, i quali susciteranno in voi una situazione di imbarazzo erotico…è ufficialmente iniziata la Stagione di Caccia!
Libra: i protagonisti del vostro segno sono l’intellettuale Sole e la sensuale Venere, mentre Mercurio manifesterà in voi l’aspetto poetico e artistico. Avrete il sostegno di Saturno filosofico e Giove competitivo; otterrete la sensibilità e l’autorevolezza da Plutone. Gli Astri Decretano Una Situazione Di Temporanea Stabilità.
Scorpio: a vostro sostegno vi sono Sole investigatore e Venere erotica, a cui si aggiunge l’arrivo imminente di Mercurio, amichevole e ottimista. Giove neutrale e Nettuno creativo e giocoso si uniranno verso metà mese. Con l’ulteriore aiuto di Plutone perspicace sarete avvantaggiati nell’affrontare l’insofferenza di Urano e la malinconia nostalgica di Saturno.
Sagittarius: la grandissima delusione del mese è l’allontanamento di Giove verso Pesci, che incontrerà Nettuno, diretto da voi, nebuloso e pensieroso come al solito. Sarà un periodo litigiosissimo, poiché, non essendo predisposti a battibecchi inutili, vi isolerete da gran parte dei compagni e conoscenti. Mercurio stacanovista, diretto in Vergine, non vi farà riposare nemmeno un secondo, fino a quando, verso l’ultima settimana, lascerà il posto agli armoniosi e amichevoli Sole e Venere in Bilancia. Si alleeranno con Saturno filosofico, in una battaglia interstellare che durerà tutto il mese: Marte, con la sua freccia impregnata di bad vibes, contro 7 pianeti a vostro favore… L’audacia Non è Per i Deboli Di Cuore, Siete Pronti?
Capricornus: Periodo da Sballo, con Venere e Sole eleganti ma casinari fino all’esagerazione, sino a quando il 13, passando per Scorpione, diventeranno profondi e pragmatici. Mercurio vi è stato ostile tutto il mese scorso, ma, passando per Vergine, risulterà amichevole e ottimista. Urano trasgressivo e Plutone creativo vi sostenteranno per tutta la durata del mese, allo stesso modo di Giove, che, dopo avervi maltrattati per mesi, finalmente si ritira con Nettuno autoritario, che ormai è in Pesci.
Gallerie d’Italia di Torino: un nuovo museo tutto da scoprire
di Alice Maggio
Lo scorso 17 maggio 2022, a Torino, in Piazza San Carlo, all’interno di Palazzo Turinetti, sede storica di Intesa Sanpaolo, la Banca ha inaugurato il quarto museo delle Gallerie d’Italia che si aggiunge a quelli di Milano, Napoli e Vicenza. La Direzione del museo torinese è affidata a Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni Storici e Direttore delle Gallerie d’Italia, affiancato dal Vicedirettore Antonio Carloni. Il progetto architettonico è invece firmato da Michele De Lucchi che rende il Palazzo Turinetti un luogo unico dove, attraverso diecimila metri di percorso espositivo distribuiti su cinque piani, video-arte e fotografia si incontrano, narrando immagini, avvenimenti e riflessioni inerenti a diversi temi attuali. Aperte fino al 22 gennaio 2023 sono la mostra “Eveningside”, dove l’autore Gregory Crewdson, uno dei più grandi fotografi contemporanei, esplora le figure umane isolate entro i confini della loro vita quotidiana, richiamando nell’atmosfera il cinema noir classico e la tradizione del bianco e nero. Altra mostra esposta è invece quella dedicata a Lisetta Carmi, tra le maggiori personalità del panorama fotografico italiano, scomparsa il 5 luglio scorso. L’esposizione, intitolata “Suonare Forte” oltre a evocare la formazione di pianista della fotografa, ricorda attraverso 150 immagini scattate tra gli anni Sessanta e Settanta, anche il suo coraggio nell’intraprendere percorsi diversi per seguire la sua volontà di dare voce agli ultimi. Per quanto riguarda le collezioni permanenti invece, il museo è sede di alcune importanti collezioni della Banca, quali l’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo che raccoglie oltre sette milioni di immagini ed un prezioso nucleo di opere del barocco piemontese comprendente dipinti, sculture, arazzi e arredi risalenti dal XIV al XVIII secolo. Da non dimenticare inoltre le nove grandi tele realizzate nella seconda metà del Seicento per l’antico Oratorio della Compagnia di San Paolo. Le Gallerie d’Italia di Torino offrono anche diverse attività e programmi formativi volti ad avvicinare i giovani alle arti visive attraverso laboratori e percorsi che coniugano contenuti culturali e strumenti digitali in linea con i piani educativi proposti dalla Commissione Europea. Ai giovani sono applicate inoltre diverse agevolazioni sul pagamento del biglietto di accesso; per i minori di diciotto anni, ad esempio, l’ingresso è gratuito. Lo stesso vale anche per tutti quelli che possiedono l’abbonamento musei o effettuano la visita la prima domenica del mese.
Se la tua passione è quindi la fotografia, l’arte o la storia e cerchi un modo per passare una giornata diversa dal solito con i tuoi amici o la tua famiglia, che cosa aspetti? Il museo delle Gallerie d’Italia di Torino è il luogo giusto per te!
Come sta il mio amico?
di Samuele De Salvo
Il 28 settembre 2021 venne a mancare Federico Peiretti, uno dei più noti divulgatori scientifici italiani. Fu una persona incredibilmente eclettica: critico cinematografico e gastronomico, esperto d’arte, docente di matematica e fisica (insegnò anche al Liceo Cavour) e amante degli alberi, ai quali dedicò diversi articoli combinati con la sua passione per la cucina. I suoi amici lo ricordano come una persona elegante, educata e curiosa di ogni ambito del sapere, definendolo un vero e proprio gentleman torinese: e insieme hanno pensato di organizzare un momento di ricordo, per raccontare e celebrare la sua figura e la sua azione nel mondo della cultura soprattutto scientifica, nella mattina del 15 ottobre nell’aula Merlo del nostro liceo.
All’evento hanno presenziato parecchi amici del professor Peiretti: fra di essi e i relatori erano presenti numerosi noti matematici e divulgatori scientifici, quali i professori Gabriele Lolli, Franco Pastrone, Mauro Comoglio, Angelo Guerraggio, Daniele Gouthier e molti altri. I primi interventi, a cura dei professori Mauro Comoglio, Angelo Guerraggio, Paolo Valabrega e l’amico Michele Calleri, hanno descritto parecchi aspetti della vita di Federico Peiretti, lasciando trasparire l’immenso affetto che tutti i relatori provavano per lui.
Il professor Comoglio ha raccontato come Federico fosse solito chiedere degli amici iniziando il discorso con la frase “Come sta il mio amico?” (da cui il titolo dell’evento), dei suoi articoli sulla rivista Tuttoscienze e di quanto volesse bene ai suoi studenti: cercava di trasmettere loro tutta la sua curiosità nei confronti del mondo e della conoscenza, e consigliava spesso ad altri docenti di “voler sempre bene ai ragazzi”.
Il professor Guerraggio, docente all’università Bocconi di Milano e direttore editoriale della rivista Prisma dedicata ai giochi matematici, e il professor Valabrega, matematico sensibile ai temi della didattica e della divulgazione, hanno illustrato invece alcuni aspetti più professionali: egli conosceva i giochi matematici e credeva fortemente nel loro valore didattico, al punto da scrivere in proposito tre libri con l’intento di avvicinare a questa pratica anche i colleghi più scettici. La sua curiosità gli permise inoltre di affrontare gli argomenti, a tutto tondo, inserendoli nel contesto socio-culturale di ogni epoca, in modo da coinvolgere, oltre agli specialisti del settore matematico, anche il pubblico più vasto, senza mai fermarsi all’ambiente dell’aula scolastica.
Anche Michele Calleri ha trattato il tema del rapporto con gli studenti, in particolare di come il professor Peiretti si interessasse al loro punto di vista sulla vita scolastica e come favorisse, coordinando in modo efficiente il lavoro di gruppo, il coinvolgimento dei ragazzi in progetti scolastici volti a sviluppare competenze spendibili nel mondo del lavoro: un esempio è il progetto Polymath , un portale gestito dal Politecnico di Torino che tratta di vari temi di fisica e matematica.
Il geometra differenziale e scrittore Daniele Gouthier, con il suo intervento si è differenziato un po’ dagli altri, in quanto non più concentrato esclusivamente sulla figura di Federico Peiretti ma volto a presentare la matematica nei suoi aspetti più generali, con riferimento al al suo testo “Vedere l’infinito, ovvero le dieci virtù di un matematico”, , che descrive con una vena anche un po’ satirica il rapporto di un matematico con la sua disciplina. Secondo l’autore il ruolo della matematica consiste nel fornire una forma mentis per risolvere i problemi nella grandezza del mondo, nonostante il mondo non sappia di doversi affidare ad essa per comprendersi. Gouthier sostiene che il matematico debba coltivare dieci virtù fondamentali, atte a “ridurre problemi ignoti in problemi noti”, che in realtà si rivelano poi essere undici: la pratica dell’ozio, la pigrizia, l’utilizzo consapevole e misurato del reale significato delle parole e quello dell’immaginazione, lo spirito rivoluzionario, la visione frontale, la curiosità, la pazienza, la perseveranza e l’umiltà. Grazie all’ozio, il cervello si ritrova in uno stato di rilassamento, in cui i neuroni ricapitolano le nozioni e permettono di elaborare nuove strategie per merito della pigrizia, ovvero “l’arte del non fare i calcoli”, che vengono descritte in modo dialettico e coinciso: secondo l’autore serve tutto il necessario ma niente di più. Lo spirito rivoluzionario si concretizza invece nel “vedere l’infinito per poi guardare altrove”, un modo per osservare una complessità da ridurre successivamente a semplicità: perché in fin dei conti la matematica è l’arte della narrazione del complesso attraverso l’uso del semplice, resa possibile dall’osservazione frontale. Guardare dinanzi a sé stessi è infatti fondamentale per osservare ciò che si vuole capire e per percepire ciò che è importante. A ciò l’autore lega un’interessante riflessione sul disegno in matematica: quest’ultimo, concretizzato in una figura geometrica o nei diversi piani per riprodurre insiemi di numeri complessi e reali, va fatto male perché già in sé è fatto male. I disegni sono semplicemente lenti per osservare un concetto e dunque rappresentano un ente senza essere tale: basti pensare ai numeri complessi, che, essendo immaginari, non esistono nemmeno nel mondo fisico, o ai numeri reali, la cui infinità non è riproducibile dalla finitezza umana. Proprio per questo motivo è necessario essere creativi, curiosi (a questo proposito, secondo il filosofo Bertrand Russell “la noia è una grande forza motrice”), pazienti e perseveranti. Per concludere è bene che un matematico sia umile: ognuno di noi nasce potenzialmente matematico, e dunque chiunque può esserlo osservando la realtà “con i bambini occhi della mente”.
La mattinata è proseguita con l’intervento del professor Piergiorgio Odifreddi, matematico e divulgatore scientifico, filosofico e politico, che ha evidenziato come la figura di Federico avesse influenzato alcuni aspetti della propria professione, quali la didattica della matematica, la divulgazione scientifica (fu lui a spingerlo ad iniziare a scrivere), così come il giudizio sui giochi matematici: a questo proposito Odifreddi ha affermato di essere diventato via via sempre più consapevole del loro valore formativo, soprattutto dopo aver conosciuto, grazie a Peiretti, l’opera di Martin Gardner e John Conway. Di quest’ultimo, in particolare, ha raccontato come, interpretando la matematica in modo completamente originale, partendo da una partita di go (una sorta di scacchi giapponese), sia riuscito a concepire i numeri surreali, includendoli nell'insieme dei numeri reali come loro estensione.
La mattinata si è conclusa con gli ultimi tre interventi, a cura dei professori Bianucci, Pastrone e Riva (quest'ultimo docente del nostro liceo), ancora incentrati sul ricordo della figura di Peiretti: egli amava il numero in quanto numero e concepiva la matematica come portatrice di umorismo nel mondo, poiché grazie ad essa è possibile rovesciare improvvisamente un punto di vista. L'analisi di una situazione da vicino e da lontano permette di assumerne diversi, e la risoluzione di un problema appare come una conseguenza del saperne cogliere molteplici. Nonostante la precisione e gli schemi mentali imposti dalla sua professione, Federico possedeva anche un lato più "esoterico": era molto superstizioso, credeva nella numerologia e adorava praticare la chiromanzia. Era una persona pigra ma d'una pigrizia quasi ossimorica, che celava in sé un fervore straordinario e una moltitudine di idee complesse, talvolta parecchio difficili da realizzare.
Il professor Federico Peiretti appare dunque come una persona poliedrica e complessa, interessata a tutti gli ambiti del sapere che cerca di combinare fra di loro. Per lui l'intera vita è un qualcosa da scoprire e di cui meravigliarsi, che trascorre con ironia, eleganza e spirito critico. I suoi amici lo ricordano con estremo affetto e rispetto, e ne celebrano in particolar modo l'eclettismo; a noi, che lo abbiamo conosciuto attraverso la loro memoria, resta il rammarico di non averlo avuto come insegnante o perlomeno conosciuto di persona.
Gymnasion zoon
di Malisa
Emanuela Orlandi: la ragazza del Vaticano
di Ilaria Zennaro
Roma, 22 giugno 1983. Una ragazza di 15 anni, Emanuela Orlandi sparisce nel nulla. Si tratta di un caso famosissimo che mette al centro lo Stato italiano, ma, soprattutto la Chiesa. Comunque partiamo dall’inizio. Emanuela Orlandi nasce il 14 gennaio 1968, ha quattro fratelli e vive nella città del Vaticano. Frequenta il secondo anno del liceo scientifico e ha la passione della musica, infatti segue corsi di pianoforte, flauto traverso, canto corale e solfeggio in piazza Sant'Apollinare. Il 22 giugno 1983 Emanuela aveva lezione di musica verso le ore 16 e prima di uscire chiede a suo fratello Pietro un passaggio che lui rifiuta. Emanuela, quindi, esce di casa arrabbiata con suo fratello e si reca alla scuola di musica dove rimarrà fino alle 18:45 cioè dieci minuti prima che la lezione finisse. Uscita, chiama sua sorella Federica, dicendole che avrebbe fatto tardi perché l'autobus non passava e perchè un uomo le aveva offerto un lavoretto di volantinaggio per l’Avon, un brand di cosmetici, e che l’avrebbe pagata fin troppo bene, ragion per cui la sorella la mette in guardia. Emanuela si reca alla fermata dell'autobus con alcune sue amiche alle quali parla di questo lavoretto. Non sale sullo stesso autobus delle amiche perché è troppo affollato e decide di prendere quello dopo. In realtà si pensa che non sia salita perché volesse parlare con l’uomo del lavoro offerto. Da questo momento si perdono le tracce di Emanuela. Scompare nel nulla.
La famiglia Orlandi, preoccupata, dà subito l’allarme della sua scomparsa. I familiari iniziano a cercarla ovunque per Roma. Il fratello Pietro passa tutta la notte a cercarla, mentre il padre si reca alla polizia per denunciarne la scomparsa, ma le autorità rispondono che è troppo presto per sporgere denuncia. Dopo 24 ore la domanda viene accolta e, subito, le autorità avvertono il Papa Paolo Giovanni II che in quel momento si trovava in Polonia. Le indagini, così, cominciano.
La polizia parla con alcuni ufficiali che si trovavano nei dintorni della scuola di musica e affermano di averla vista parlare con un uomo. La polizia chiama l’Avon per chiedere informazioni su quest’uomo, ma loro rispondono che non ne sapevano nulla. Dopo qualche giorno dalla scomparsa il papà e lo zio di Emanuela tappezzano la città di volantini con la foto di Emanuela.
Ed è così che il caso diventa pubblico. Nei giorni successivi la famiglia Orlandi riceve diverse chiamate, due in particolare: da uomo di nome Pierluigi, e da un altro di nome Mario. Entrambi dicevano di aver incontrato per strada una ragazza che vendeva cosmetici e che aveva un flauto. La descrizione combacia con quella di Emanuela se non per il fatto che entrambi dicono che il suo nome era Barbara. Allora il padre di Emanuela chiede loro di incontrarsi al Vaticano, ma i due si stupiscono, chiedendo se fosse un prete. Perciò si pensa che le telefonate siano state programmate. Comunque i due uomini rifiutano l’incontro.
Il 3 luglio, dopo ben 11 giorni dalla scomparsa di Emanuela, il Papa in persona fa un appello pubblico per Emanuela, chiamando in causa “ chi abbia responsabilità di questo caso”. Dunque il Papa aveva praticamente detto che si trattava di un rapimento. Questo fa pensare a molta gente che probabilmente il Vaticano sappia qualcosa. Il 5 luglio verso le 9 di sera arriva una chiamata all’ufficio stampa del Vaticano da parte di un uomo - che per lo spiccato accento anglo-sassone denominato l’Americano - che dice di essere uno dei rapitori di Emanuela. Gli viene chiesto di fornire una prova e lui fa sentire la voce di Emanuela che ripete per sei volte la stessa frase: “Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, dovrei fare il terzo liceo scientifico”. Il fratello di Emanuela chiede all’Americano di fargli una proposta di riscatto. L’uomo gli risponde di non preoccuparsi e che i funzionari del Vaticano si sarebbero messi in contatto con lui.
Il 6 luglio arriva all’ Ansa un’altra telefonata da parte dell’Americano che propone di aprire un canale di comunicazione con il cardinal Poletti al fine proceder a uno scambio tra Emanuela e Mehmet Ali Ağca, terrorista turco che aveva tentato di uccidere il Papa il 13 marzo 1981 Dunque era chiaro che Emanuela Orlandi era stata rapita per ricattare il Vaticano.
Il 17 luglio viene fatta ritrovare la registrazione della voce dell’Americano che ribadisce la sua offerta di scambio e di quella di una ragazza che si lamenta e chiede aiuto. Le autorità dichiarano che quella voce non era di Emanuela, ma si trattava dello spezzone di un film porno e anche la prima registrazione, in realtà, si trattava di una spezzone preso da una trasmissione in cui Emanuela aveva partecipato.
Il 3 agosto arrivò una chiamata in cui si spiegava che la scomparsa di Emanuela era collegata a quella di un’altra ragazza, Mirella Gregori, ma questo non fu mai attestato. La polizia si trovò in un oblio e crede che questa sia la pista sbagliata.
Il 19 dicembre del 1997 il caso viene archiviato. Ma nel 2005 succede qualcosa di incredibile: durante una puntata di Chi l’ha visto arriva una telefonata anonima in cui si dice di andare a vedere chi sia sepolto nella cripta di Sant'Apollinare che si trova a due passi dalla scuola di Emanuela. Gli inquirenti, quindi, decidono di andare a controllare e trovano che c’era sepolto Renatino, un boss della mafia. Questa sepoltura era stata autorizzata proprio dal Cardinale Poletti. Dunque gli inquirenti percorrono una seconda pista, quella che riguardava la mafia e il Vaticano. Ma in tutto ciò cosa c’entra Emanuela? La Ndrangheta aveva perso dei soldi per colpa di un Cardinale del Vaticano e, quindi, venendo a conoscenza della scomparsa di una cittadina del Vaticano decide di approfittarne, rivolgendosi a Renatino. Egli rintraccia i veri rapitori di Emanuela, li uccide, prende Emanuela e inizia il suo ricatto al Vaticano. Ovviamente questa è solo una teoria.
Il 22 giugno 2005 una giornalista chiama il fratello di Emanuela, Pietro, chiedendogli se avesse sentito le dichiarazioni di Sabrina Minardi. Lei per diversi anni era stata l’amante di Renatino. Nel suo racconto Sabrina dichiara che Emanuela era stata presa da Renatino e nei giorni che aveva trascorso lì, spesso il Cardinale (Marcinkus) che aveva fatto perdere i soldi era andato a trovarla e aveva avuto diversi rapporti con lei. Anzi, Sabrina aggiunge che era stato proprio lui ad aver ordinato il rapimento di Emanuela. Nel suo racconto Minardi dice che Renatino aveva portato con sé in un posto remoto dei sacchi che aveva poi buttato in una betoniera. Questi sacchi contenevano il corpo di Emanuela. Tuttavia il discorso della Minardi diventa confuso, forse perché per molto tempo aveva assunto farmaci e quindi quando doveva ricordarsi qualcosa era poco lucida. Dunque la donna perde credibilità.
Nel 2010 viene data l’autorizzazione di aprire la tomba di Renatino, ma all’interno trovano solo la salma.
Nel maggio 2012 il procuratore della famiglia Orlandi decide di andare personalmente al Vaticano dove apprende della disponibilità a collaborare indicando alcuni nominativi di persone coinvolte nel rapimento di Emanuela. ti Ciò dimostra che qualcuno al Vaticano sapeva.
Il 6 maggio 2012 il caso viene archiviato nuovamente.
Ma gli inquirenti percorrono una terza pista: il Vaticano. Scoprono che Emanuela prima della sua scomparsa aveva confidato ad una sua amica che era stata adescata da una persona molto vicina al Papa.. Il Cardinale Oddis si fa avanti e racconta che, in realtà, Emanuela la sera della sua scomparsa Emanuela era tornata a casa, quindi non era scomparsa dalla sua scuola di musica. Una volta rientrata in Vaticano, Emanuela era uscita nuovamente in macchina insieme ad un uomo. Secondo il Cardinale, Emanuela era stata coinvolta in una serie di festini a sfondo satanico proprio nel Vaticano e, quindi, l’escamotage del volantinaggio era solo un modo per “pescare” ragazze e ragazzi e portarli in questi ambienti. Dunque il fratello di Emanuela pensa che quelle urla di dolore di sua sorella che aveva sentito dall’Americano fossero collegate a questo. Pietro allora riascolta la registrazione e si rende conto che era stata modificata. In tutto ciò, però, la Chiesa non collabora, quindi non si sono potute svolgere delle indagini.
Il 18 settembre del 2017 ci fu una svolta: venne scassinata una cassaforte del Vaticano. All’interno c’erano diversi documenti riservati tra cui cinque fogli riguardanti Emanuela. Su questo documento c’erano spese che il Vaticano aveva sostenuto per allontanare Emanuela e spese di mantenimento per tutti quegli anni. Ma subito il documento viene dichiarato falso, anche se rimane il sospetto che non lo sia. Tra le spese ce n’era una che riguardava il rimpatrio di una salma. Questo fa pensare che il corpo di Emanuela sia sempre stato all’interno del Vaticano. Nel 2018 l’avvocato della famiglia Orlandi riceve una busta anonima in cuic’è la foto di una statua di un angelo che guarda verso il basso e un foglietto con sopra scritto: “ Se vuoi trovare il corpo di Emanuela, devi cercare dove guarda l’angelo”. Dunque vanno a vedere nel cimitero teutonico e fanno istanza al Segretario di Stato per poter aprire due tombe verso cui l’angelo guardava. Il Segretario accetta. Vengono quindi aperte le due tombe che appartenevano a due principesse. Ma appena aprono non trovano una bara, ma della terra. Scavano fino a quando trovano una lastra che, purtroppo, era vuota. Infilano una asticella per capire quanto fosse profondo: 3 metri. Dunque scendono là sotto ma non trovano niente. Le due tombe sono vuote. Decidono comunque di continuare a scavare, trovando due botole in cui vengono rinvenute 26 sacchi di ossa. Ossa che non sono mai state analizzate. Il Vaticano, infatti, si è rifiutato di analizzare le ossa, dicendo, però, che la famiglia Orlandi poteva farlo per via privata (con un costo assurdo).
Ad oggi non si sa a chi appartengono le ossa.
Insomma questo è un caso aperto che non ha alcuna risposta. I membri della famiglia Orlandi credono che Emanuela sia ancora viva e dichiarano che non si fermeranno fino a quando non conosceranno la verità.