2015/2016

SO MANY BOOKS, SO LITTLE TIME

Amanda Landry 1H

OTTOBRE 2015

RED

Titolo: Red (primo libro della trilogia delle Gemme)

Autore: Kerstin Gier

Genere: fantasy

Trama: Dopo la morte del padre, Gwendolyn si trasferisce con sua madre e i suoi fratelli in un antico palazzo nel cuore di Londra. Vive in questo palazzo insieme alla nonna, Lady Arisa, sua zia Glenda e sua cugina Charlotte. L’unica presenza maschile, a parte suo fratello, è il maggiordomo, l’inquietante Mr. Bernhard. La vita di Gwen sembra peggiorata di molto dal trasferimento. Sua nonna, che vuole essere chiamata con il suo titolo di nobildonna, comanda tutta la famiglia guardando tutti dall’alto. Peggio della nonna è di sicuro la zia Glenda, che considera Gwen superficiale e non all’altezza del nome dei Montrose. Nella loro discendenza, si tramandano da una generazione all’altra alcuni poteri misteriosi. Charlotte, bella, aggraziata e intelligente, è la prescelta. Tutti sono convinti che sia lei a possedere quei poteri e tutti aspettano, con ansia, il giorno in cui compirà il primo salto nel passato. Anche se Charlotte riceve molte attenzioni, Gwen non la invidia. La vita frenetica di sua cugina e neanche il viaggiare nel tempo sembrano attrarla. Tutto cambia quando, un giorno, viene catapultata nel passato per alcuni minuti. Vedere che è lei a possedere quei poteri e non sua cugina la sorprende molto, ma allo stesso tempo, la preoccupa . Lei non ha avuto tutti gli anni di preparazione che ha avuto Charlotte, come farà? Lei non sa ballare, parlare più lingue e andare a cavallo, tutte cose che Charlotte ha imparato. Gwen entrerà in una setta misteriosa di cui fanno parte tutti quelli che hanno il potere di viaggiare nel tempo. Prenderà il posto di sua cugina e, con il suo posto, anche la missione che avrebbe dovuto svolgere con l’aiuto di Gideon de Villiers, un bel ragazzo dal sorriso sprezzante.

Opinione personale: appassionante e facile da leggere, è un bel libro per chi ama i libri fantasy. I viaggi nel tempo sono coinvolgenti come lo è il personaggio di Gwen.

DICEMBRE 2015

"MAZE RUNNER"

Titolo: Maze Runner, Il Labirinto

Autore: James Dashner

Genere: Fantascienza

Trama: Quando Thomas si sveglia, non sa né dove si trova, né chi l’ha mandato in questo posto. Solo il suo nome gli è familiare. Si trova in un vasto perimetro pianeggiante circondato da grandi mura, che si rivelano essere le mura di un gigantesco labirinto. Esso è abitato da mostri d’acciaio che compaiono solo la notte.
Thomas viene accolto da ragazzi che sono nella sua stessa situazione. Sono stati mandati lì senza un motivo e non ricordono niente del loro passato, tranne il loro nome. Nonostante queste condizioni, i ragazzi costruiscono un rifugio e si organizzano per sopravvivere. Ogni mese ricevono rifornimenti dalla Scatola, un misterioso ascensore, che oltre a portare rifornimenti, porta ogni mese un ragazzo che svolgerà una funzione ben precisa.
I ragazzi più bravi e più veloci diventano Velocisti. Sono gli unici che hanno la possibilità di entrare nel labirinto. Il loro compito è risolvere l’enigma del labirinto, trovare l’uscita e fuggire da quel posto. I Velocisti corrono molti rischi entrando nel labirinto, tra cui quello di imbattersi nei mostri d’acciaio. Nessuno è mai sopravvissuto ad una notte nel labirinto. Thomas sa bene quali sono i rischi, ma ciò non gli impedisce di diventare un Velocista.
Tutto cambia quando, per la prima volta, arriva una ragazza di nome Teresa, la stessa settimana in cui è arrivato Thomas. Il suo arrivo sembra dare inizio ad una serie di catastrofi. Il cielo diventa grigio e le porte del labirinto non si chiudono più, lasciando i ragazzi in balìa dei mostri d’acciaio. Thomas dovrà aiutarli e trovare alla svelta una soluzione. Quella più ovvia è di trovare l’uscita del labirinto, anche se ciò consiste nell'andare dritto al covo dei mostri.

Opinione personale: Ho trovato questa storia particolarmente avvincente. Non vedo l’ora di leggere gli altri due libri della trilogia! La trama è molto bella e i personaggi sono intriganti.

SERIAL VIEWER

Linda Sperati, 1A

OTTOBRE 2015

"The Walking Dead"

Per il mio primo articolo da cavourrina ho deciso di parlarvi di una delle serie a tema apocalittico che ha avuto maggiormente successo negli ultimi anni (e francamente una delle mie preferite). Dall'’immagine e dal titolo saprete già di cosa sto parlando: The Walking Dead.

The Walking Dead è una delle serie tv più seguita a livello mondiale; miscela la tensione di un film thriller con lo splatter tipico dei film con morti viventi, aggiungendoci una buona dose di drammaticità.
La serie mi ha appassionato sin dal primo episodio, nonostante io non sia un’amante degli zombie e dello splatter in generale.
Risvegliarsi in un ospedale abbandonato, da solo, davanti ad una porta con su scritto “Morti all’interno, non aprire” e ritrovarsi in un’apocalisse zombie, non sapendo nulla di ciò che è successo alla tua famiglia: terrificante, no? Eppure è esattamente ciò che succede a Rick Grimes, vice-sceriffo della contea di King, risvegliatosi dal coma dopo che tutto era già iniziato.
Durante le varie stagioni, il gruppo dei superstiti guidato dal nostro protagonista verrà in contatto con molte persone: famiglie rifugiate in case di campagna, eremiti e capi villaggio senza scrupoli. Ognuno di questi personaggi rappresenta, a parer mio, un diverso carattere umano e la storia mostra come questi tipi di persone reagirebbero ad un’apocalisse.
La domanda che tutti si pongono, parlando di questa serie, è: si può definire “horror”? Ebbene, me lo sono chiesta anche io e, dopo accuratissime ricerche, sono arrivata alla conclusione che è un horror in piena regola! Ma non l’horror come lo conosciamo noi, con scene che suscitano forte ansia e i cosiddetti “jumpscare” (letteralmente tradotto come “salto di paura”), ma un tipo di horror che fa leva sulle paure ancestrali dell’uomo, come quella della malattia, dell’isolamento, della perdita di persone care e, infine, della morte.
Nessuno può proteggersi da queste cose: tutti si possono ammalare, tutti possono soffrire, tutti possono morire. Chi è forte d’animo riesce a convivere con il dolore, chi non ci riesce, muore. Le persone si rendono conto della fortuna che hanno nel vivere solo quando sono circondate dalla morte.

Se siete degli amanti delle storie apocalittiche, se riuscite a sopportare la crudezza dell’episodio pilota e soprattutto se vi va di versare qualche lacrimuccia tra una sparatoria e l’altra, allora The Walking Dead è la serie che fa per voi!

DICEMBRE 2015

"Two Broke Girls"

Ciao a tutti compagni e compagne! Allontaniamoci un attimo dall’horror dell'edizione precedente e, visto che siamo sotto le feste, entriamo nel mondo della commedia: questo mese voglio parlarvi della serie televisiva “Two Broke Girls”, prodotta dalla Warner Bros nel 2011.

Siamo a New York e in una piccola tavola calda di periferia troviamo le nostre protagoniste: Max Black e Caroline Channing, due cameriere coinquiline molto diverse ma unite dal destino; la prima, che ha sempre vissuto nei bassifondi abbandonata dai genitori, non ha avuto un’infanzia facile, quindi è abituata a cavarsela da sola, basandosi solo sulle sue forze. Caroline invece è la tipica biondina snob e un po’ lunatica figlia di papà abituata a tutte le comodità. Anche lei è però orfana di madre, e quando suo padre viene arrestato per frode, perde tutto ed è costretta a rimboccarsi le maniche e a trovarsi un lavoro. E’ allora che le due si incontrano, diventano improbabili amiche e aiutate anche dai loro amici Oleg, il cuoco della tavola calda, Han, il proprietario, Earl, il cassiere anziano appassionato di Jazz, e Sofy, una vicina di casa polacca un po’ eccentrica, inseguono il loro sogno di aprire un negozio di cupcakes.
I problemi di ogni giorno sono tanti, soprattutto quando si hanno pochi soldi come loro, ma Max e Caroline trovano sempre il modo di andare avanti, magari facendoci anche qualche battuta sopra.

A parer mio, è una delle serie comedy più riuscite di sempre; le due personalità contrapposte delle ragazze creano sempre situazioni esilaranti, le battute non sono mai scontate e sono intervallate da momenti un po’ più seri, che ci mostrano anche in modo un po’ scherzoso una situazione che in realtà è molto attuale: la ricerca di autonomia in un mondo nuovo, quello degli adulti, in cui l’unico modo di trovare la felicità non è il denaro, la fama, ma è il cercarla nelle piccole cose di ogni giorno.
Che la vita travagliata di Max e Caroline possa essere d’aiuto a tutti voi!

MARZO 2016

"Shadowhunters"

Eccoci ritrovati per parlare di serie tv! Questo mese è un po' speciale, perchè per la prima volta farò una recensione più "negativa" di una serie di quest'anno prodotta dalla ABC Family.

Ebbene sì, purtroppo le nuove serie tv sono spesso una delusione, ma ho deciso di parlarvi di questa per il forte legame che ho con essa, tanto forte quanto è stata la delusione per la realizzazione della serie. Parliamo di Shadowhunters, serie ispirata alla saga letteraria The Mortal Instruments di Cassandra Clare.
Nel 2013, la Screen Gems aveva prodotto e distribuito sui grandi schermi di tutto il mondo l'adattamento cinematografico del primo libro della serie. Le riprese del secondo film sarebbero dovute iniziare a settembre dell'anno stesso ma, non avendo riscosso il film molto successo, al botteghino fu annullato.
Il film aveva i suoi difetti, lo ammetto, ma seguiva abbastanza fedelmente il libro, gli attori erano azzeccati e la produzione in sè non era niente male.
Tutti i fan della saga aspettavano con ansia l'annuncio dell'inizio delle riprese del secondo film, quando il 12 agosto 2014 la Constantine Film annunciò che The Mortal Instruments sarebbe stato riadattato come serie televisiva.
Tra caos e lamenti dei fan, la ABC Family mostrava man mano il nuovo cast e annunciava l'inizio delle riprese.
Il nuovo cast non mi convinceva affatto, ma trovavo inutile giudicare prima di aver visto la prima stagione.
E, dopo averla guardata, ho potuto constatare che tutto quello che speravo non accadesse era stato messo nella serie:

La maggior parte degli attori (salvo qualche raro individuo) sono spesso freddi e la loro recitazione risulta poco credibile;

Va bene che è solo "ispirato" alla storia di Cassandra Clare, ma per l'Angelo, non mi sembra di chiedere molto se voglio che la storia originale sia minimamente seguita;

La trama è un po' confusa e penso che se non conoscessi la storia molto probabilmente mi sarei persa dopo un paio di episodi;

Il montaggio delle scene è anch'esso spesso molto caotico. Si passa da una scena all'altra senza un chiaro nesso logico e, in tutto questo, la pessima recitazione degli attori non aiuta.
Mi sono permessa di fare questa "critica", se così la si può chiamare, poichè conosco molto bene la storia e ci sono anche particolarmente affezionata.
Quello in cui tutti i fan come me possono sperare è che, dopo il flop della serie, decidano di ritornare sulla strada dei film, e magari questa volta potremo avere la saga di film gloriosa ai pari di altre saghe come Harry Potter, Hunger Games o Divergent.

Vi invito comunque a leggere i libri e se volete, confrontarli con la serie tv.

Un bacio a tutti i Nephilim!

APRILE 2016

"Sherlock"

Eccoci tornati a parlare di serie tv; devo dire che questa volta sono molto emozionata. Ebbene sì, sto per trattare una delle serie tv più amate dagli amanti del giallo e dai fan dei racconti di Arthur Conan Doyle, che ha appassionato milioni di persone ed è anche approdata nei cinema di tutto il mondo giusto qualche settimana fa, con il film Sherlock e l'abominevole sposa. Si tratta ovviamente di Sherlock, creata da Steven Moffat e Mark Gatiss nel 2010.
La serie prende spunto dalle avventure di Sherlock Holmes, ma le ambienta ai giorni nostri: John Watson, veterano tornato da poco dall'Afghanistan, incontra un suo vecchio amico e gli racconta di essere in cerca di un appartamento da condividere con un coinquilino. Subito, l'amico gli fa conoscere Sherlock, investigatore privato in cerca di qualcuno con cui dividere casa, che dimostra subito le sue capacità, intuendo il passato di John basandosi solo sul suo aspetto fisico e sul suo comportamento. Nonostante l'atteggiamento bizzarro di Sherlock, Watson accetta di andare a vivere nel suo appartamento al 221b di Baker Street. Essendo un medico dell'esercito, Watson aiuterà fin da subito il suo coinquilino a risolvere i suoi casi. Insieme affrontano ladri, assassini e acerrimi nemici; Watson scrive il tutto sul suo blog.

A mio parere, è davvero una bella rivisitazione in chiave moderna del celeberrimo investigatore inglese, che nella serie è interpretato da Benedict Cumberbatch, attore già famoso per il film The imitation game e per le voci di Sauron e Smaug nel film Lo Hobbit: la desolazione di Smaug. Benedict riesce davvero nella parte, creando un personaggio bizzarro e misterioso. Mi è piaciuto anche lo speciale al cinema, che in realtà non è altro che una puntata della serie ambientata nel periodo vittoriano, quando è nato il primo Sherlock Holmes.
Un'altra cosa curiosa della serie è che ogni stagione (sono tre, anche se essa non è ancora stata ultimata) ha solamente tre episodi, i quali durano un'ora e mezza ciascuno.
Se siete appassionati del giallo, ve la consiglio caldamente, se non lo siete, credetemi, riuscirà a coinvolgervi ugualmente.

POP AROUND THE CLOCK

Alessandra Pisu 1 A e Francesco Valero 1 G

OTTOBRE 2015

Ciao a tutti ragazzi!
Da quest’anno nel nostro fantastico giornalino ci sarà la nuova rubrica “POP AROUND THE CLOCK” dedicata alla musica pop a cura mia (Francesco Valero della 1G) e di Alessandra Pisu (1A).

Questo nostro primo appuntamento è dedicato al singolo (uscito il 30 giugno scorso) del cantautore statunitense Pharrel Williams.
Dopo aver messo del suo su alcuni singoli degli ultimi anni come Happy, Blurred Lines con Robin Thicke e Get Lucky dei Daft Punk, è ritornato con questa hit che ha come tema la libertà. Il significato di Freedom è legato appunto all'essere liberi, all’uguaglianza e al fatto che siamo tutti esseri viventi nati dallo stesso pianeta e che, quindi, dobbiamo rispettarci a vicenda. La prima esecuzione dal vivo di "Freedom" si è tenuta al Festival di Glastonbury (in Inghilterra), dove Pharrell ha fatto impazzire il pubblico inglese. Nel video ufficiale di Freedom appaiono immagini forti e reali; si vedono scene di catene, ma anche momenti di immenso vigore umano. Proprio la forza di reagire, di togliersi le catene è ciò che Pharrell Williams richiama attraverso immagini di animali liberi, di uomini liberi e della natura che manifesta la libertà. Così come è libertà anche quella di un bambino nato in acqua e affidato alle braccia della madre. Si contrappongono a tutte queste scene simboliche i luoghi nei quali la libertà di espressione è in pericolo, come campi di lavoro o fabbriche. Io penso che questa canzone faccia credere nell'umanità,e faccia crescere la voglia di vivere al massimo e di urlare: Libertà!

Voto: 8/9

SOMETHING MORE THAN FREE

Un saluto a tutti gli studenti del Liceo Cavour e ai lettori di questa nuovissima rubrica, che sarà dedicata in gran parte alla musica Pop, ma nella quale vi proporrò anche artisti appartenenti ad altri generi, soprattutto se le loro ultime produzioni dovessero risultare particolarmente interessanti.

E’ il caso dell’ultimo album di Jason Isbell, artista statunitense, classe 1979.
Mi sono imbattuta nella sua musica abbastanza casualmente, seguendo un programma televisivo di Carlo Massarini. Appena ho sentito le prime note di “24 Frames” me ne sono subito innamorata: chitarra e voce graffiante, condite dalle belle melodie dei cantautori folk-rock americani.

Non è infatti un caso se la stampa specializzata inserisce il suo lavoro nel solco tracciato dai big del genere, da Jackson Browne a Neal Young, con una poetica “elegante e genuina” che richiama addirittura i grandissimi, come Bruce Springsteen e Johnny Cash.
“24 Frames” è uno dei pezzi del suo quinto album, “Something More Than Free”, pubblicato nel luglio di quest’anno, che ha debuttato al 6° posto nella classifica americana Billboard 200. Per Isbell la musica è racconto, l’occasione per descrivere le proprie emozioni ed esperienze e in questo caso riflette la sua ritrovata stabilità come uomo e come artista.
Un album che mi sento sinceramente di consigliarvi.

Nei prossimi articoli mi divertirò anche a segnalarvi qualche curiosità “around the music” e, perché no, a viaggiare nel tempo, dando uno sguardo alle classifiche del passato. Questo mese, la mia attenzione è caduta sulla classifica Billboard 200 di trent’anni fa: 1 Novembre 1985. Ai vertici della classifica tre album che hanno fatto la storia della musica pop e rock: “Purple Rain” di Prince and the Revolution, “Born in the U.S.A.” di Bruce Springsteen e “Like a Virgin” di Madonna. Al quarto posto, last but not least, “Arena” dei Duran Duran. Cosa aggiungere …

Alessandra

DICEMBRE 2015

"RENEGADES"

Salve a tutti cavourrini!

In questo numero ho scelto di parlare della canzone "Renegades" degli X-Ambassadors, la stessa della pubblicità della Jeep che è contenuta nel primo album della band americana dal titolo "VHS". L’album, autobiografico, deve il nome alle videocassette dei vecchi film che la band ha visto durante la realizzazione del disco.
Renegades è un singolo uscito il 3 marzo scorso. In questa canzone è descritta la voglia di fuggire via e di fregarsene di tutto ciò che accade, quindi di comportarsi proprio come dei fuorilegge: “Scappa via con me - Anime perse e fantasticherie - Corriamo come pazzi, corriamo liberi - Due bambini, io e te – E io dico Hey, hey hey hey -Viviamo come se fossimo rinnegati”. Nella canzone, accanto all’esortazione ad evadere dalle regole, troviamo anche il concetto di quanto sia importante esprimere al meglio le potenzialità che ognuno di noi possiede. La società spesso ci impone di essere diversi da come realmente siamo, di chiuderci in noi stessi e di non esternare le nostre emozioni……Renegades ci fa sognare, ci libera virtualmente dalla quotidianità delle cose e ci fa volare verso un mondo immaginario costellato di speranza, un mondo dove non esiste la cattiveria, l’odio e la guerra ma dove prevalgono amore e pace.

Quanto alla band, gli X-Ambassadors sono formati da Sam Harris, Casey Harris, Noah Feldshuh e Adam Levin. Si tratta di ragazzi di provincia come tanti altri, originari di Ithaca, nello Stato di New York, che hanno realizzato il sogno di trasferirsi nella Grande Mela, pur mantenendo un forte legame con la loro città natale. Il 17 ottobre scorso si sono esibiti in concerto, per la prima volta in Italia, ai Magazzini Generali di Milano.

Francesco

"HIGHER THAN HERE"

Ben ritrovati cari lettori del Cavour.
La recensione di questo mese è dedicata ad un cantante particolarmente noto: James Morrison.

A quattro anni dal suo ultimo lavoro torna alla ribalta con il nuovo album “Higher than here”, già ai vertici delle classifiche mondiali. La sua uscita è stata anticipata dal singolo “Demons”, un brano pop con intriganti sonorità soul, che esalta l’inconfondibile voce corposa e graffiante dell’artista.
“Ho i miei demoni -canta James nel brano- ma non mi butteranno giù”. I demoni di cui parla Morrison sono quelli con cui a volte dobbiamo confrontarci nella vita reale, che lo perseguitano nel video e che a volte ci spingono a fare gesti sconsiderati. James incita a non lasciarsi andare, a reagire e a rialzarsi.
La curiosità di questo mese è un’interessante info-grafica disponibile alla pagina web www.thomson.co.uk/blog/wp-content/uploads/infographic/interactive-music-map/index.html, che descrive l’evoluzione nel tempo e nello spazio della musica dance occidentale, partendo dall’ Ottocento con la musica tradizionale africana , per arrivare alle attuali correnti Electro House e Dubstep.
Un cursore permette di navigare nel tempo scoprendo le origini delle correnti musicali che si sono via via succedute.

Alessandra

MARZO 2016

"Lukas Graham - 7 Years"

Salve a tutti cavourrini! In questo articolo vi parlo dei Lucas Graham, un gruppo musicale danese di genere pop, composto da Lukas Graham (cantante), Marco “Lovestick” Falgren (batteria), Magnus “magnum” Larsson (basso) e Kasper Daugaard (tastiera) ed in particolare del loro ultimo singolo: 7 years.

Il nome della band è lo stesso del suo cantante. Il gruppo si è formato nel 2011 e da allora ha avuto un crescente successo, prima con Moma said e ora con 7 years. Quest’ultimo singolo, uscito il 18 settembre 2015, non sembra essere solo pop, perché nel corso della canzone ci sono anche dei tratti rap. Nella canzone, Lukas Graham ripercorre le varie età della sua vita, passando da ”Once I was seven years old” a “Once I was sixty years old”.
La canzone racconta anche di quanto sia importante avere un padre accanto durante la propria crescita e auspica che da adulti tutti stiano vicino ai propri figli. Nella cover di 7 years, è rappresentato un padre che tiene la mano sulla testa del figlio su un precipizio; una fotografia che simboleggia il ruolo protettivo della figura paterna. Questo è un aspetto particolarmente sentito dal ventisettenne Lukas Graham che purtroppo ha perso il proprio padre nel 2012.
Il filo conduttore del testo dei Lukas Graham è senz’altro la bellezza della vita, indipendentemente dall’età di una persona.

Voto: 9

Francesco

"ALL TIME LOW"

Ben tornati a tutti, cavourrini!
Questa settimana parlerò di una band di culto: gli All Time Low.

Tour sold out in tutto il mondo, numerose collaborazioni illustri, canzoni composte per colonne sonore e decine di apparizioni tv e talk show. Dal primo EP all'ultimo disco, la loro fan base è diventata enorme, grazie al contatto diretto e costante che la band ha con il proprio pubblico.
Nascono a Baltimora nel 2003, quando il chitarrista Jack Barakat decide insieme al bassista Marc Shilling di formare una band per assecondare un'insana voglia di puro divertimento. Scherzando tra una cover e l'altra iniziano a forgiare il proprio pop-punk fortemente influenzato da band come Green Day e ovviamente i Blink 182.
Nel 2004 esce il primo EP, che anticipa l'uscita l’anno seguente dell'album "The Party Scene", il quale attira le attenzioni della Hopeless Records. Proprio con questa etichetta nel 2007 gli All Time Low pubblicano "So Wrong, It's Right", che li porterà ad ottenere numerosi inviti dalle maggiori televisioni musicali e interminabili tournée in tutto il mondo. Nel 2012, decidono di riprendere il rapporto collaborativo con la Hopeless Records, pubblicando "Don't Panic", che segna un chiaro ritorno alle origini punk rock che hanno da sempre contraddistinto il lavoro di questi quattro giovani musicisti. “Future Hearts” è il sesto album della band nel quale si possono trovare brani carichi e coinvolgenti.

Ho deciso di parlare di una canzone che mi fa alzare dalla sedia e ballare e cantare a squarciagola: “Cinderblock garden”. Una favola punk-rock che invita a non cedere, a non abbandonare le persone e i luoghi in cui si è vissuto e dove abbiamo anche sofferto e, forse, stiamo ancora soffrendo. Una favola che ci sprona a guardare oltre e a impegnarci per costruire un futuro felice con chi si ama, gettando via fantasmi e scheletri nell’armadio e riappropriandoci dei nostri sogni. Una vera storia romantica tutta da ballare.

Alessandra

APRILE 2016

Salve a tutti cavourrini!

In questo articolo non parlerò, come sono solito fare, di un cantante di tendenza, ma di uno dei cantautori britannici più famosi ed apprezzati: David Bowie, che grazie alla sua musica ha avuto un grande successo a partire dagli anni ’70 e che ci ha da poco lasciati, all’età di soli 69 anni, a causa di un tumore.
Si può affermare che Bowie, nella sua lunga carriera, abbia attraversato i più significativi generi musicali degli ultimi cinquant’anni, dal folk all'hard rock, dal soul al funk.
Dopo un esordio con un disco di scarso successo, la sua popolarità arriva in modo inaspettato nel 1969 con il singolo “Space Oddity”. Nel 1971 pubblica l’album “Hunky dory” e nel 1974 esce il disco “Diamond dogs”, ispirato al romanzo di George Orwell “1984”. Nel gennaio 1977 esce l’album “Low” e nell’ottobre di quello stesso anno “Heroes”, che ottiene un grande successo e, per i miei gusti, è il migliore tra tutti i lavori di Bowie. Nel 1983, con l’album “Let’s Dance”, il cantante piazza diversi singoli in testa alle classifiche delle canzoni in tutto il mondo. Nel nuovo millennio, Bowie produce due album importanti: “The Next Day” e “Blackstar”.

Lo scorso 10 gennaio Bowie muore e le sue spoglie vengono cremate a New York. Per sua volontà le ceneri sono state disperse a Bali, in Indonesia. Alla sua morte, molti cantanti famosi hanno commemorato David, durante i propri concerti, intonando alcune delle sue più famose canzoni.

Thanks for everything David!

Francesco

"BADLANDS"

Vent’anni, capelli da fata turchina, voce accattivante, musica sperimentale ed un album, “Badlands”, che è balzato subito ai vertici delle classifiche europee ed americane: questi sono gli ingredienti fondamentali del fenomeno Halsey.

Scrive canzoni da quando aveva 7 anni e si è fatta innanzitutto conoscere con i suoi video su YouTube. Incide il brano “Ghost”, messo su Soundcloud nel 2014, che consegue un successo immediato e le regala il contratto con l’etichetta musicale Astralwerks. Comincia così a farsi notare dal pubblico americano e a girare il mondo con i The Kooks e gli Imagine Dragons.
Badlands, “terre cattive”, riflette la sua personalità solitaria e desolata. L’album presenta i due lati di Halsey: uno più pop (come la canzone che l’ha fatta conoscere in Italia, “New americana") e l’altro più underground, con sonorità più ricercate e testi che raccontano drammi personali. La forza di questo album sta proprio nell’alternare stati di felicità a stati più oscuri: una continua oscillazione tra euforia e disperazione.

Ho deciso di presentarvi l’album con una canzone alla quale sono molto legata, “Roman Holiday”. Il tema dell’evasione è al centro di questo pezzo e fa ovviamente allusione al film degli anni ’50, con la meravigliosa Audrey Hepburn. La sostanza è la stessa: fuggire con la persona che si ama, anche solo per un giorno, dai vincoli che la vita ci impone.

Alessandra

OPEN YOUR EYES

Isabel Savioli 3A

OTTOBRE 2015

#HEFORSHE

Ciao a tutti! Benvenuti in questo piccolo spazio di giornalino che ho deciso di chiamare “Open your eyes”; perché questo nome? Perché questa rubrica sarà un po’ un modo (per me e per voi) di aprire gli occhi sul mondo, in particolare su notizie curiose e particolari.

Questo mese ci occupiamo di Emma Watson (Hermione Granger per i potterheads), attrice famosa in tutto il mondo e laureata in letteratura alla Brown University, che ha lanciato nel 2014 una campagna femminista, dal titolo “Heforshe”.
L’attrice ha lanciato questa iniziativa nel suo discorso durante la riunione ONU
Donne, davanti al Presidente delle Nazioni Unite, dopo essere stata eletta dallo stesso organo come “Goodwill Ambassador”, Ambasciatrice di buona volontà (elezione che fece mandare il sito dell’organizzazione in blackout dai fans negli Stati Uniti).
Ciò che caratterizza questa campagna può essere riassunto in una frase pronunciata da Emma nel suo discorso : “Men, I would like to take this opportunity to extend your formal invitation. Gender equality is your issue too.”, cioè: “Uomini, vorrei cogliere quest’opportunità per offrirvi un invito formale. La parità dei sessi è anche un vostro problema”. In sostanza Emma Watson ha capito che bisogna sensibilizzare soprattutto gli uomini su questo argomento, invitandoli inoltre a liberarsi dagli stereotipi che impongono loro di essere forti e a non mostrare debolezze per essere accettati; se gli uomini fossero veramente liberi, le donne non dovrebbero lottare così tanto per essere considerate alla pari. Inoltre Emma ribadisce come la parola “femminista” sia diventata col tempo sinonimo di “Anti-uomo”, immagine di una donna poco attraente e sprezzante del genere maschile, anche se non è assolutamente questo il significato del termine. Il reale senso della parola indica infatti una persona che crede nella parità sociale, politica ed economica dei sessi (quindi anche un uomo può essere definito femminista).

Al giorno d’oggi Heforshe vanta milioni di seguaci tra donne, uomini, ragazzi, ragazze, bambini, personaggi famosi come cantanti, attori, politici, ed esponenti dell’alta moda… Tant’è che, visitando le pagine social di Heforshe, si può avere l’idea della portata di questa campagna.
E’ importante prendere l’iniziativa e lottare per ciò in cui crediamo ed è importante sapere che i dubbi fanno parte del percorso. Persino Emma Watson ne ha avuti, ma li ha superati con due semplici domande: “If it’s not me, who? If it’s not now, when?”, “Se non io, chi? Se non adesso, quando?”.

DICEMBRE 2015

"LE REAZIONI DEI SOCIAL MEDIA"

Ormai è risaputo che i social-media hanno un potere enorme, e dopo gli attacchi di Parigi gli sfoghi su queste piattaforme non sono tardati ad arrivare. Senza dubbio ci sono molte buone intenzioni sotto, ma cadere nell’ipocrisia è molto facile. Vorrei riportare qui sotto un articolo di Selvaggia Lucarelli, una giornalista italiana che ha “classificato” i diversi tipi di commentatori. Ovviamente il mio scopo non è di offendere chi si ritroverà in una di queste categorie, ma di farvi rendere conto di certe cose che si trovano sui social e che, secondo me, nessuno può esprimere meglio di lei.

“Se esiste qualcosa di più becero e spaventoso di un attacco terroristico, è forse la reazione dei social network a un attacco terroristico. Per carità, qua e là si trovano anche delle belle riflessioni e condivisioni di articoli lucidi e ragionati, ma in linea di massima, dopo i fatti di Parigi, ho letto ed esaminato la mia home page di Facebook e mi sono chiesta se non sia il caso di vietare il pensiero libero come il fumo nei locali. Non dico sempre, ma almeno nei primi due giorni dopo eventi particolarmente tragici, giusto per non permettere alla stupidità di cavalcare l’onda emotiva e correre al galoppo nelle praterie del populismo. A grandi linee, dopo le stragi a Parigi, i commentatori-tipo sui social sono i seguenti.

1)Quelli che fino a tre giorni fa pensavano che La rabbia e l’orgoglio fosse la nuova fiction con Garko e la Arcuri e ora citano la Fallaci come se avessero i post-it con le sue frasi sul frigorifero. Quelli che se gli dici che la Fallaci aveva sancito “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, postano la frase in bacheca e commentano “La Fallaci l’aveva detto che saremmo diventati tutti foglie d’autunno”. Quelli che, se gli mandi un testo tratto dalle migliori hit di Ambra Angiolini e gli dici che è della Fallaci, postano sulla bacheca “T’appartengo e io ci tengo e se prometto poi mantengo”, commentando “Era brava questa Fallacci” (con due C). Quelli che la Fallaci aveva previsto tutto: l’Eurabia, gli attentati, Parigi, l’Isis, Barbara D’Urso, il caschetto della Satta e la spaccata di Lisa Fusco. Quelli che, come frase a effetto sotto la loro biografia sui social in questi giorni, inseriscono una massima di Oriana e tolgono provvisoriamente la loro massima di vita che riassume con efficacia la loro riflessione sociopolitica costante e argomentata, e cioè “Escile”. 2) Quelli che si improvvisano moralizzatori delle bacheche altrui e vigilano sulla sensibilità comune col piglio della madre badessa in un collegio femminile irlandese. Tanto per capirci: tu posti la foto del tuo gatto che si fa le unghie sul tiragraffi e il tuo collega d’ufficio commenta indignato: “Ma ti sembra il caso di postare questa roba con quello che succede nel mondo?”. Tu replichi timidamente che il tuo gatto non si sente né Charlie né Paris, ma continua ostinatamente a sentirsi un gatto, allora lui insiste: “Si tratta di avere un po’ di sensibilità!”. 3) Quelli che cambiano la foto profilo a seconda del caso del momento e che, in caso di sovrapposizione di avvenimenti, vanno in crisi: per cui, tanto per andare sul sicuro, come avatar in questi giorni hanno piazzato un fotomontaggio in cui Moira Orfei sventola la bandiera della Francia con su dipinta la faccia dei Marò e la scritta “Je suis Valentino Rossi”.

4) Il salviniano che “Bombardiamoli, vanno rasi al suolo, è guerra, ammazziamoli tutti, ci vorrebbe la bomba atomica, partiamo e annientiamoli!”, poi se gli entra un pipistrello in casa si infilano nell’armadio quattro stagioni e non ne escono fino a che la moglie non gli consegna il cadavere del volatile abbattuto a colpi di Mocio Vileda. 5) Quelli che hanno la sindrome di Roberto Saviano e, per sentirsi protagonisti della cronaca, azzardano l’aneddotica più improbabile. Che so: “Conosco il teatro dove è accaduto il massacro, una cugina di mia zia fa le pulizie in uno stabile di proprietà della nonna della cassiera del Bataclan che vive a Dubai e una volta sono andata a trovarla negli Emirati per Pasqua, tra quei morti ci sarei potuto essere anch’io”. Tu gli dici: ma se sei andato a Dubai! E loro: eh, e se l’aereo faceva uno scalo d’emergenza a Parigi? 6) Quelli che credono a qualsiasi cosa vedano sulle bacheche altrui e postano la qualunque senza alcuna verifica: dal selfie del kamikaze con la barba che poi in realtà è la foto profilo Instagram di un hipster di Dresda, alle bombe francesi con la scritta “From Paris with love” che alla fine erano più finte degli allenamenti di Balotelli.
7) Quelli che c’è sempre un morto più morto degli altri. Ah, certo, i morti parigini. E i bambini siriani? E i palestinesi? E i curdi? E i ceceni? E i nigeriani? A quel punto tu cerchi di fargli gentilmente capire che non è mica una gara, allora replicano qualcosa di generico sulla necessità di una pace mondiale e poi ti mandano pacificamente a quel paese.”

MARZO 2016

"MALALA YOUSAFZAY"

Ogni mattina ci alziamo, andiamo a scuola, studiamo; certo, per molti può non sembrare particolarmente invitante, eppure non ci rendiamo conto che questa routine è in realtà una grande possibilità che molti non hanno.

“Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”, questa è la mia citazione preferita di Malala Yousafzai, una ragazza di 18 anni di origine pakistana .
Un nome che per molti può suonare sconosciuto, ma in realtà credo che tutti abbiano sentito la notizia, il 9 Ottobre 2012, della ragazza quasi uccisa da un colpo d’arma da fuoco dei talebani: era lei. E la sua unica colpa è quella di aver parlato del diritto delle ragazze all’istruzione.
Malala nasce nel distretto dello Swat, in Pakistan, da una famiglia molto ristretta (composta da suo padre, sua madre, e i suoi due fratelli), se si pensa alle proporzioni delle famiglie in quei paesi. Nel suo libro “Io sono Malala”, racconta la sua storia e quella di suo padre, una storia fatta di povertà e sacrifici, che spesso si intreccia a quella del Pakistan (la narrazione di una persona mediante le proprie esperienze è sempre più interessante di quella contenuta nei libri scolastici).
Suo padre si batte fin da ragazzo affinché i bambini possano ricevere un' istruzione, una battaglia non facile in un paese dove i bambini sono mandati a lavorare per sostenere la famiglia. Malala lo descrive come un uomo determinato, che non si è lasciato abbattere e, nonostante molte porte sbattute in faccia, riesce ad aprire una piccola scuola dove sono ammesse anche le ragazze.
Le cose si complicano quando arrivano nello Swat i talebani, inizialmente presentandosi come benefattori e garanti dei diritti dei più poveri contro i proprietari terrieri; poi, riscosso tutto il consenso della popolazione, cominciano ad imporre regole sempre più restrittive, che prevedono anche il divieto per le ragazze di frequentare lezioni scolastiche. Arrivano anche ad intimare al padre di Malala a cacciare le ragazze dalla sua scuola (o chiuderla), perché “una ragazza è una cosa talmente sacra che dovrebbe star chiusa nel purdah”. Ovvero, le ragazze non possono uscire di casa.
Malala non si lascia abbattere e, con la stessa determinazione del padre, continua a studiare e a chiedersi perché lei e le sue amiche debbano essere private di una cosa per loro tanto preziosa. All’età di 11 anni scrive un testo raccontando il caos nella sua città e il rogo delle scuole femminili da parte dei talebani; il testo viene poi pubblicato sul sito della BBC e inizia a circolare molto anche in Pakistan, tant’è che un giorno, di ritorno da scuola su un pullmino con altre ragazze, viene colpita alla testa da un proiettile. Nessuno se lo aspettava: fino ad allora i talebani non avevano mai cercato di uccidere una ragazza.
Eppure ciò non riuscì a zittirla, anzi, dopo essere stata curata dall’ospedale di Birmingham, città dove vive tuttora, continua a lottare per i diritti delle ragazze tanto ardentemente da vincere, nel 2014, il Premio Nobel per la Pace.

Spesso le viene chiesto cosa farebbe se si trovasse di fronte un talebano intenzionato a colpirla una seconda volta (le minacce che riceve ogni giorno effettivamente sono tante) e lei risponde sempre “Ci penso molte volte; all’inizio mi dicevo: beh Malala, prendi una scarpa e lanciagliela... poi mi sono accorta che così non ci sarebbero più differenze tra me e lui. Cercherei allora di spiegargli quanto sia importante l’istruzione e augurerei ai suoi figli di riceverla”.
Decide inoltre di aprire un’associazione: il “Malala Found”, che tramite donazioni aiuta le ragazze che vivono in paesi meno avanzati ad avere un’educazione scolastica, ma soprattutto ad avere una voce per pretendere diritti.
Malala ha incontrato tantissimi potenti della terra per sensibilizzarli sull’argomento; tra questi, Barack Obama.

Vi invito a vedere uno dei suoi discorsi o a leggere il suo libro, per avere una visione totalmente nuova del mondo e chissà, forse vi sentirete anche più felici di studiare greco stasera.

“Nella vita arriva un momento in cui devi scegliere

se stare in silenzio

o farti sentire”

APRILE 2016

"STARBUCKS"

Starbucks è una delle principali multinazionali a servire caffè, cioccolate, ciambelle e qualsiasi altro tipo di bevanda vi possa venire in mente al momento; è conosciuta persino qui in Italia, benché non vi abbia aperto neanche uno store. Ad esempio, basta aprire una pagina di un social qualunque per essere travolti dalle numerose immagini dei bicchieri Sturbucks, con il logo in verde e il nome del cliente scritto a penna; nel periodo natalizio, poi, sono usati i famosissimi (almeno in America) bicchieri rossi. Eppure, come ogni campagna di successo, anche S. ha avuto un inizio, anzi, un inizio ignoto e oscuro, che in questo caso è bene approfondire, perché (preparatevi) l’idea che ha trasformato S. da sconosciuta caffetteria a Seattle a essere LA caffetteria di tutta America è nata … in Italia.

La prima caffetteria aprì a Seattle, in America, nel 1971 e all’inizio era un’attività come tante, anzi, con qualche difficoltà ad emergere nel vasto mondo commerciale americano, dal momento che a fondarla furono un insegnante di storia, uno d’inglese e uno scrittore, molto amici. La storia cambiò quando arrivò Howard Schultz, lo storico amministratore delegato di S., un uomo dai grandi progetti che scrisse la sua storia lavorativa all’ interno dell’azienda nel libro “Pour your heart into it, how S. built a company one cup at a time”.
Schultz fece un viaggio in Italia, a Milano, nel 1983, e osservando i nostri piccoli bar ebbe un’illuminazione. Si sa che noi Italiani abbiamo la cultura del caffè, i nostri bar in quel periodo erano posti accoglienti (come li descrive anch’egli nel suo libro), dove i baristi conoscevano i clienti per nome e dove la gente si trovava per parlare, ma, soprattutto, noi avevamo il miglior espresso che Schultz avesse mai bevuto, nonché il caffelatte, bevanda che non aveva mai assaggiato prima. Capì quindi che S. doveva diventare un posto accogliente, dove respirare un clima positivo e dove si potesse bere il miglior caffè d’America (era un tipetto competitivo). Per realizzare il suo progetto cercò innanzitutto di fare in modo che i suoi dipendenti fossero ben disposti con i clienti: aveva capito che se un cliente si fosse trovato insoddisfatto del servizio, sarebbe stato un cliente in meno per sempre, e per meglio realizzare ciò passò molto tempo nelle caffetterie S. cercando di sviluppare un clima di collaborazione e complicità tra i membri dello stuff; fece anche in modo che l’azienda coprisse le spese di controlli medici d’ogni tipo dei suoi dipendenti, e, in seguito alla morte di un suo manager nonché amico per AIDS, decise che l’azienda avrebbe aiutato economicamente anche dipendenti con malattie terminali.

Quando poi i due proprietari (nonché fondatori) decisero di vendere l’azienda, Shultz decise di credere al 100% nel suo sogno e investì un’ingente somma di denaro per comprarla. Da qui Starbucks crebbe e crebbe ancora fino a diventare uno dei nomi più conosciuti al mondo, aprendo bar dagli arredamenti diversi in ogni paese e con un vastissimo assortimento di bevande e dolcetti. Non solo: ultimamente, infatti, i clienti possono anche ordinare da casa un piccolo pranzo e in ogni caffetteria c’è connessione libera alla rete wi-fi.
Purtroppo, benché Shultz abbia avuto il colpo di genio che ha trasformato la sua azienda in quella che è ora e benché gran parte dei nomi dei loro caffè siano pressoché uguali a quelli italiani, come ho già detto, noi non abbiamo ancora un bar S. Le trattative però sono in corso, e sembra che presto (si spera) ne aprirà uno a Milano.

OLTRE LO SCRITTORE

Elena Cozma 4 C

OTTOBRE 2015

OLTRE LO SCRITTORE, OLTRE LE PAROLE

Quest'anno ho superato la mia paura e ho deciso di dare libero sfogo ad una delle mie più grandi passioni: la scrittura.
Vi posso assicurare che non è stata affatto una scelta semplice per una come me, timida fin dentro al midollo e poco propensa a mettersi in mostra, ma nonostante questo vi prometto che darò il meglio di me e che supererò ciò che un tempo rappresentava un limite, offrendovi nei miei articoli spunti interessanti e il desiderio di capire e comprendere quanto vi avrò presentato.

La mia rubrica si intitola “Oltre lo scrittore” ed è pensata per tutti quelli che, studenti e non, hanno avuto il piacere o il dispiacere di conoscere, studiare, amare ed odiare autori di ogni epoca e luogo.
Il mio scopo non è di certo quello di raccontarvi questi scrittori da un punto di vista letterario; al contrario, vorrei ripresentarveli da un altro punto di vista, che a molti, spesso moltissimi, è sconosciuto.
Articolo dopo articolo, perciò, il mio obiettivo sarà mostrarveli più vicini a noi, più umani, oltre ciò che hanno scritto, oltre tutto ciò che abbiamo studiato a scuola riguardo alla loro vita.
Gli amori, la famiglia, le passioni, i sentimenti, le paure, le sofferenze e le gioie di uomini amati oppure odiati sui banchi di scuola che scopriremo invece tanto simili a noi.
Essendo questo il primo numero dell'anno de I resti del Camillo e di conseguenza la prima puntata di “Oltre lo scrittore”, ho deciso di iniziare con un pilastro della letteratura latina, un homo novus che la sottoscritta ha disprezzato per tantissimo tempo, ma che ha rivalutato di recente: Marco Tullio Cicerone.
L'abbiamo conosciuto come una delle figure più rilevanti di tutta l'antichità romana: fu un politico, uno scrittore, un oratore, un filosofo, ma anche un marito, un amico, un fratello e un padre.
Non si dice spesso che oltre ad essere l'acerrimo nemico di Giulio Cesare e il difensore per eccellenza della Repubblica fu anche il padre amorevole di Marco e Tullia.
Quest'ultima, come si può capire da ciò che scrisse al fratello Quinto (“Com'è affettuosa, com'è modesta, com'è intelligente!”), fu l'unica persona che l'oratore non criticò mai, per la quale provò un immenso amore e la cui morte lo fece sprofondare nella disperazione, tanto da farlo allontanare da Roma e rifugiare dapprima presso il fidato amico Attico, nella cui biblioteca lesse tutto ciò che i filosofi greci scrissero riguardo al superamento del dolore, e in seguito vicino a Napoli, nella sua villa di Astura.
Qui, per mesi, camminò nei boschi piangendo, e ciò ci è testimoniato da una lettera scritta ad Attico: “Io mi immergo là nel bosco selvatico e fitto la mattina presto, e vi soggiorno fino a sera”; decise di costruire un piccolo tempio in onore e alla memoria della figlia tanto amata e scrisse un libro intitolato “Consolatio”, apprezzatissimo nell'antichità (tanto da essere citato secoli dopo da S. Agostino), di cui purtroppo ci restano solo pochi frammenti.
Un'opera, questa, con la quale egli volle in qualche modo insegnare a se stesso come superare il dolore.
Furono in molti a scrivere a Cicerone in questo periodo, Cesare e Bruto compresi, ma la sofferenza era più forte di tutto e a nulla servirono gli scritti filosofici o la presenza degli amici.

Solo la solitudine e la scrittura lo aiutarono a guardare oltre.
Sono più che consapevole di quanto sia difficile riuscire a concepire un uomo come Cicerone da questo punto di vista ed è quasi buffo per me rivedermi in quelle sue poche righe sopra citate.
Ritrovarsi, insomma, nelle parole di un uomo vissuto circa duemila anni fa, uno scrittore e un politico morto difendendo la res publica.
«...ma il mio dolore sconfigge ogni consolazione» scrisse ancora in riferimento all'appoggio ricevuto dai conoscenti; e qui la domanda sorge spontanea: chi, fra noi non ha mai provato questa sensazione? Chi, non ha mai desiderato fuggire da tutto e da tutti e piangere ogni sua singola lacrima, lontano dal mondo? Chi non si è mai rifugiato tra le pagine di un libro o nell'amara consapevolezza che, seppur sostenuti dai nostri cari, alcuni dispiaceri avremmo dovuto affrontarli e superarli da soli?
Concludo citandovi poche parole di quella che per me è in assoluto l'opera più bella, più vera e studiata (almeno da me) con maggior piacere, del nostro tanto odiato – e spero ora almeno un poco rivalutato – Cicerone: il Laelius de amicitia.

“Ita amare oportere, ut si aliquando esset osurus.”
“Bisogna volere bene come se un giorno si dovesse arrivare a odiare.” (16, 59)

DICEMBRE 2015

La seconda puntata di questa mia rubrica è dedicata completamente a colui che è ritenuto il maggior poeta italiano dell'Ottocento nonché una delle più importanti figure del Romanticismo.

Tutti lo conosciamo come il poeta di Infinito e di A Silvia ma se provassimo a dare uno sguardo al suo epistolario? Se provassimo a vedere il grande Leopardi oltre lo scrittore? L'epistolario raccoglie oltre novecento lettere scritte agli amici più intimi e ai familiari e tocca moltissimi temi. Dall'infelicità personale e universale, alle illusioni, al tedio, alla speranza, alla misoginia, al bisogno e il desiderio d'amore, alla città di Roma, alla visita alla tomba di Tasso e all'affetto per la sorella Paolina. E' una lettera d'amore che esprime un enorme bisogno di donare affetto quella scritta a quest'ultima nel 1823: “Vorrei poterti consolare, e procurare la tua felicità a spese della mia…” e ancora “...ti assicuro almeno che tu hai in me un fratello che ti ama di cuore, che ti amerà sempre. ”Indirizzate a Paolina erano anche le righe in cui il poeta esprime un cambio di prospettiva riguardo al borgo natale un tempo tanto odiato. Lontano da Recanati, nel 1822, trovandosi a Roma, considera quest'ultima città troppo grande tanto da alimentare le distanze “...e il numero de' gradini che bisogna salire per trovare chiunque vogliate...”.“Queste fabbriche immense, e queste strade per conseguenza interminabili, sono tanti spazi gittati fra gli uomini, invece d'essere spazi che contengono gli uomini”. Il medesimo pensiero che riferirà poi al fratello Carlo con ulteriori considerazioni sullo spazio sociale “L'uomo non può assolutamente vivere in una grande sfera, perché la sua forza o facoltà di rapporto è limitata. In una piccola città ci possiamo annoiare, ma alla fine i rapporti dell'uomo all'uomo e alle cose, esistono, perché la sfera de' medesimi rapporti è ristretta e proporzionata alla natura umana. In una grande città l'uomo vive senza nessunissimo rapporto a quello che lo circonda”. La capitale italiana rappresentò perciò una grande delusione ad eccezione però della visita al sepolcro di Tasso.
Nel 1823 scrisse: “Venerdì 15 febbraio 1823 fui a visitare il sepolcro del Tasso e ci piansi. Questo è il primo e l'unico piacere che ho provato in Roma”.
Fu proprio il contrasto tra la grandezza della città e l'umile sepoltura del poeta tanto ammirato a commuovere Leopardi tanto da farlo piangere e ad affermare “Io non vorrei in nessun modo trovar questo cenere sotto un mausoleo”.
Il 4 maggio 1823 tornato a Recanati scrisse invece a Melchiorri “Sono nel mio bel Recanti, arrivato ier sera”. Aspro è anche il giudizio sulla cultura ed è testimoniato dalla lettera inviata al padre il 9 dicembre 1822 “ Tutto il giorno ciarlano e disputano, e si motteggiano ne' giornali e fanno cabale e partiti, e così vive e fa progressi la letteratura romana” o da quella inviata al fratello in cui aggiunge “Tutte cose che bisogna dimenticare affatto in Roma, in questo letamaio di letteratura di opinioni e di costumi (o piuttosto d'usanza perché i Romani, e forse né anche gl'Italiani, non hanno costumi)”.

Sempre nello stesso periodo, il poeta cade nell'abisso della disperazione a cause delle donne, degli uomini romani e della stessa capitale e invoca l'amore fraterno “ Amami per Dio. Ho bisogno d'amore, amore, amore, fuoco, entusiasmo, vita: il mondo non mi par fatto per me”.
Concludo con alcune righe scritte a Brighenti : “Ma viviamo giacché dobbiamo vivere, e confortiamoci scambievolmente, e amiamoci di cuore, che forse è la miglior fortuna di questo mondo."

MARZO 2016

<<“In tutta la storia ci sono sempre state delle guerre. Per cui continueranno ad esserci.”, si dice. “ Ma perché ripetere la vecchia storia? Perché non cercare di cominciarne una nuova?” rispose Gandhi a chi gli faceva questa solita, banale obiezione.>>
Lettere contro la guerra è un libro scritto da Tiziano Terzani, giornalista e scrittore, che raccoglie alcune delle sue lettere ( fra cui vi è anche la risposta alla famosissima La rabbia e l'orgoglio di Oriana Fallaci) , pubblicate su Il corriere della sera in seguito all' 11 settembre 2001.
Dunque, anche questo mese vi parlerò di lettere ma non nel medesimo modo degli articoli precedenti.
Terzani, non è di certo uno scrittore conosciuto o studiato a scuola, ma io nutro un amore incondizionato verso i suoi scritti e il suo stile, a mio parere, semplice, puro e vero.
La mia scelta è ricaduta su di lui proprio per queste motivazioni, ma anche perché ritengo sia il momento adatto affinché questa sua opera, letta e riletta ed esaminata, possa aiutarci a comprendere meglio il mondo e gli eventi accaduti recentemente.
Nello scorso numero ho scelto di non esprimere alcun parere riguardo agli attentati di Parigi; ho preferito infatti aspettare e proporvi proprio Terzani e alcune sue righe, non di certo come mia personale opinione, né tanto meno come verità universale, ma semplicemente come spunto da cui partire in seguito per poter alimentare il proprio spirito critico.
La primissima riflessione dell'autore è, paradossalmente, sull'opportunità offertaci da un evento terribile quale fu l'11 settembre: ripensare al futuro, analizzare il nostro presente con empatia, vederlo anche dal punto di vista altrui.
Questo infatti rappresenterebbe il giusto approccio alla comprensione, senza la quale non vi può essere né rabbia né orgoglio.
Il punto chiave però è la coscienza che la pace rappresenti l'unica opzione, che non vi siano alternative, che le guerre portino altre guerre, che non si possa sconfiggere il terrorismo senza conoscere ciò che vi sta dietro.
“A volte mi chiedo se il senso di frustrazione, d'impotenza che molti, specie fra i giovani, hanno dinanzi al mondo moderno è dovuto al fatto che esso appare loro così complicato, così difficile da capire che la sola reazione possibile è crederlo il mondo di qualcun altro: un mondo in cui non si può mettere le mani, un mondo che non si più cambiare. Ma non è così: il mondo è di tutti.”
Questo è uno dei tanti frammenti che trovo, oltre che tremendamente veritiero, anche scritti da un uomo, ancora ancorato al mondo giovanile, che si rapporta con esso e che non lo lascia in disparte trattandolo con superficialità.
Una sincera sensibilità che raramente riesco a trovare in uno scrittore moderno.
Un grido di disperazione e contemporaneamente di ribellione, rabbia e disprezzo nei confronti della globalizzazione occidentale e della guerra stessa è invece quello che troviamo nella lettera rivolta alla Fallaci: “ Quel che sta succedendo è nuovo. Il mondo ci sta cambiando attorno. Cambiamo allora il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare al mondo. E' una grande occasione. Non perdiamola: rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d'aver davanti prima dell'11 settembre e soprattutto non arrendiamoci alla inevitabilità di nulla, tanto meno dell'inevitabilità della guerra come strumento di giustizia o semplicemente di vendetta.
Le guerre sono tutte terribili. Il moderno affinarsi delle tecniche di distruzione e di morte le rendono sempre più tali. Pensiamoci bene: se noi siamo disposti a combattere la guerra attuale con ogni arma a nostra disposizione, compresa quella atomica, come propone il Segretario alla Difesa americano, allora dobbiamo aspettarci che anche i nostri nemici, chiunque essi siano, saranno ancor più determinati di prima a fare lo stesso, ad agire senza regole, senza il rispetto di nessun principio. Se alla violenza del loro attacco alle Torri Gemelle noi risponderemo con una ancor più terribile violenza -ora in Afghanistan, poi in Iraq, poi chissà dove-, alla nostra ne seguirà necessariamente una loro ancora più orribile e poi un'altra nostra e così via.”
Sono molti i punti che vorrei commentare e discutere in riferimento al passo sopra citato ma preferisco concentrarmi su questi due : “...rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d'aver davanti prima dell'11 settembre...” e “...allora dobbiamo aspettarci che anche i nostri nemici, chiunque essi siano, saranno ancor più determinati di prima a fare lo stesso...”.
Rimettere in discussione tutto perché le certezze e le convinzioni portano all'estremismo, perché il mondo è cambiato e continua a cambiare davanti ai nostri occhi giorno dopo giorno e infine, rimettere in discussione tutto perché il mondo occidentale non ha mai guardato o non hai mai voluto guardare oltre i propri confini, oltre le proprie “ragioni”, ponendosi così dei limiti; ha giudicato culture, etnie e mondi a loro estranei secondo il suo modo di essere e di pensare, non prendendo in considerazione minimamente la possibilità di avere torto.
“...allora dobbiamo aspettarci che anche i nostri nemici, chiunque essi siano, saranno ancor più determinati di prima a fare lo stesso...”. I nostri nemici, chiunque essi siano: poche parole che rendono però bene un'idea dalla sottoscritta condivisa: i nostri nemici... e chi sarebbero?

A che cosa ci riferiamo ogni volta che parliamo di attacco al mondo occidentale, al mondo democratico, quali sono i tanto citati nemici? Dove sono? E chi sono?
E per di più?
Com'è possibile che la storia continui ad essere violata in questo modo?
Com'è possibile che uomini acculturati, ben consapevoli di ciò che i nostri predecessori ci hanno insegnato in innumerevoli circostanze diverse non si ricordino o facciano finta di non ricordare ciò a cui porteranno determinate azioni, ciò che realmente la guerra ha da sempre portato con sé sia per i vincitori che per i vinti? Morte e distruzione.

Com'è possibile essere disposti a sacrificare vite pur di arrivare ad uno scopo?

Com'è possibile che il concetto stesso di morte e distruzione non faccia tremare chiunque?

Com'è possibile non voler informarsi, conoscere e capire ciò che sta succedendo nel NOSTRO mondo?

Com'è possibile?

E ancora Terzani accorre in mio aiuto: “Facciamo più quello che è giusto, invece di quello che ci conviene. Educhiamo i figli ad essere onesti, non furbi.”
“Il mondo è cambiato. Dobbiamo cambiare noi. Innanzitutto non facendo più finta che tutto è come prima, che possiamo continuare a vivere vigliaccamente una vita normale. Con quel che sta succedendo nel mondo la nostra vita non può, non deve, essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna.”
Vergogna perché è anche nostra responsabilità fare qualcosa, cambiare, cambiarci, non sopportare tutto ciò che sta accadendo a testa bassa e ad occhi chiusi perché fortunatamente (spero) il futuro siamo noi e abbiamo tutto il necessario per vincere l'ultima grande guerra: quella contro le guerre.
“Non rifare il cammino che ci ha portato all'oggi e potrebbe domani portarci al nulla.”
Vi lascio con un ultimo consiglio, rubato ad un grande scrittore:
“Guarda un filo d'erba al vento e sentiti come lui. Ti passerà anche la rabbia. Ti saluto, Oriana e ti auguro di tutto cuore di trovare la pace. Perché se quella non è dentro di noi non sarà mai da nessuna parte.”

APRILE 2016

“nulla [...] appare così difficile come penetrare nell'animo di Orazio"

Miei cari, questa volta ho deciso di parlarvi di una figura tanto importante quanto ambigua della letteratura latina, figlio di un liberto ma soprattutto, udite udite, di un coactor, ovvero un esattore di aste pubbliche. Fu dunque un poeta di umili origini, ma che ha saputo lasciare il suo segno indelebile nel tempo: Quinto Orazio Flacco.
Molti lo conosceranno sicuramente per il famosissimo: “carpe diem”, una piccola parte di Odi, I, 11, 7-8: « Mentre stiamo parlando il tempo invidioso sarà già fuggito. Gustati ogni giorno, confidando il meno possibile nel domani. »
Altri invece, come amico fedele di Virgilio e soprattutto di Mecenate, vicino al quale fu sepolto sul colle Esquilino due mesi dopo la morte di quest’ultimo.
Citato da Dante nell’Inferno, recentemente gli è stato intitolato anche un cratere sulla superficie di Mercurio.
Ha scritto gli Epodi, le Satire, le Odi, le Epistole e il famosissimo Carme secolare, destinato appunto alla parte conclusiva dei ludi saeculares.
Come vi avevo già anticipato, Orazio è avvolto da un alone di mistero, sia per quanto riguardo la sua biografia, di cui si sa poco, sia per quanto riguarda la sua filosofia di vita e quelli che furono realmente i suoi pensieri di fronte a tempi importanti come la morte e la cosiddetta ars vivendi.
Se da una parte, nelle Odi, affermava “Non morirò del tutto”, dall’altra, aderendo all’epicureismo sembra invece che il poeta non riesca a sfuggire al dramma della morte, all’angoscia e alla paura dell’imminenza di questa e scelga di fuggire piuttosto che cercare di combatterla, accettandola con tristezza, come un fatto naturale.
La caducità del tempo e la sua essenza fuggitiva sono tempi ripresi più volte dallo scrittore e in seguito sono diventati fonte di ispirazione anche per grandi poeti italiani come Francesco Petrarca.
“Perché affatichi con propositi immortali l'animo, che è tanto da meno?” scriveva Orazio nelle Epistole e ancora: “Ciò che verrà domani non chiedere, e ogni giorno che ancora ti darà la sorte, prendilo come un guadagno”.
Questo è uno dei principali tempi delle opere oraziane e che rende l'autore non solo attuale, ma anche più vicino a noi, poiché si pone le stesse domande che ognuno di noi si pone non poche volte nel corso della propria vita e a cui raramente riesce a dar risposta.
Questo perché Orazio, pur facendo parte del circolo di Mecenate, non ha dedicato la sua vita e le sue opere solo alla politica augustea, ma ha anche toccato più di una volta tempi che riguardano l'essere umano, i suoi sentimenti e le sue preoccupazioni.
Dunque per Orazio scrivere non era solo un modo per guadagnarsi il pane o vivere in ricchezza, era un modo invece per esprimere se stesso, i suoi dubbi e le sue paure.
La sua è stata infatti una vita solitaria, in una sorta di locus amoenus, la villa in Sabina regalatagli dal suo protettore, in compagnia degli amici più cari, una vita dedicata quasi interamente agli studi e all’attività letteraria perché, come egli stesso diceva: “L'uomo o impazzisce o scrive versi.”
Nelle Satire invece, con ironia critica e commenta l'animo umano, i vizi che lo corrompono e che a detta sua caratterizzano l'uomo.
Alcuni sono più fortunati e riescono ad essere travagliati da quelli più leggeri, altri invece non comprendono a pieno la vita e accusano la sorte per le loro sventure.
Rivolgendosi a Mecenate infatti affermava: “Come succede, o Mecenate, che nessuno viva contento di quella condizione ch'egli stesso si scelse o che il caso gli dette, e invidi invece coloro che le altre abbracciarono?”

E poi: “Per evitare un difetto gli stolti cadono nel difetto contrario.”
Sarò sincera con voi, studiato sui libri di scuola Orazio non mi appariva affatto un personaggio interessante, anzi all'inizio sono caduta nella trappola che aspetta paziente coloro che non sanno leggere davvero, che non sanno andare oltre e che considerano uno scrittore, sia per la distanza temporale che ci separa da esso sia perché la letteratura non può essere capita davvero se non attraverso i testi.
Leggendo però alcuni suoi scritti, spulciando fra pagine dedicate a lui da critici letterari e ammetto, un po' incuriosita dall'aneddoto che vuole che tra lui e Mecenate ci fosse una relazione amorosa, ho scoperto un poeta di cui sicuramente non si può apprezzare tutto, ma che ha lasciato in eredità al mondo pensieri profondi, pagine di satira spettacolari e interrogativi riguardo la sua vita, i suoi legami e spesso anche le sue opere in uno stato di irrisolutezza.
Vorrei concludere in bellezza con una delle sue citazioni che mi hanno fatta innamorare e che riesce a darmi speranza anche nei momenti più bui, perché non importa quanto sia travagliato il viaggio, quanto ardue possano essere le difficoltà, l'importante è andare sempre avanti, perseverare.

Cras ingens iterabimus aequor

Domani torneremo a navigare l'immenso mare. ( Odi I, 7, 32)

MAXISCHERMO

Luca Sardo 3A

OTTOBRE 2015

SOPRAVVISSUTO- THE MARTIAN

Ottobre, ormai è chiaro, è il mese della fantascienza. L'anno scorso, portò nelle sale Interstellar, il viaggio spaziale raccontato da Christopher Nolan; adesso è la volta di The Martian - Il sopravvissuto (USA, 2015, 141'), pellicola basata sul romanzo L'uomo di Marte, di Andy Weir.

La trama è molto avvincente, ben strutturata e soprattutto credibile, aspetto di fondamentale importanza in un film di fantascienza.
A seguito di una tempesta di dimensioni spaventose che si sta avvicinando, l'equipaggio della missione Ares III è costretto ad abbandonare l'insediamento NASA su Marte. Tutti gli astronauti cominciano ad attuare i preparativi per il decollo: all'ultimo momento, si accorgono che qualcosa è andato storto.
Pochi secondi prima della partenza, nel tentativo di salire a bordo della navicella, l'astronauta Mark Watney (Matt Damon) viene colpito da un detrito volante scagliato dalla tempesta: tutti i membri dell'equipaggio si mettono immediatamente alla sua ricerca, ma i radar non rivelano più il suo segnale.
La tempesta continua a crescere. La missione Ares III lascia il pianeta con a bordo una persona in meno.
Nella calma marziana della mattina successiva, il corpo steso a terra di Watney ha un sussulto: miracolosamente, l'astronauta è riuscito a sopravvivere all'urto e alla lacerazione della tuta.
Inizia così la lotta per la sopravvivenza dell'astronauta su un pianeta ostile e inospitale, nell'attesa che una nuova missione, quattro anni più tardi, torni a salvarlo.
Per quanto possa sembrare a prima vista assurda e sconsiderata, la vicenda posa su basi molto solide: se escludiamo la parte relativa alla spedizione di esseri umani sul pianeta rosso (obiettivo raggiungibile, credo, in un futuro molto prossimo), le tecniche adottate da Watney per sopravvivere su Marte sono comprovabili in laboratorio. L'autore del libro sopracitato, tra parentesi, si è riscoperto scrittore dopo una lunga carriera da ingegnere informatico.
La trasposizione cinematografica di opere letterarie è da sempre il cavallo di battaglia del regista Ridley Scott, di cui ha già dato prova in Alien (tratto da una serie a fumetti) e Blade Runner; ecco, al film in questione manca forse un po' di quella brillantezza, quella carica innovativa che aveva caratterizzato i suoi precursori. I paesaggi sconfinati, la buona interpretazione degli attori e il fascino della trama ne fanno una pellicola di sicuro gradimento, ma che non lascerà l'impronta nella storia del cinema.
A dirla tutta, ho preferito Interstellar.
Voto: 3/5

DICEMBRE 2015

HUNGER GAMES, IL CANTO DELLA RIVOLTA

Ben ritrovati all'ultimo articolo dell'anno 2015. Come accaduto esattamente un anno fa, è uscito nelle sale un nuovo episodio della serie “Hunger Games”, saga fantascientifica tratta dai romanzi della scrittrice statunitense Suzanne Collins. Nello specifico, “Hunger Games: Il canto della rivolta” (USA, 2015, 137') ne rappresenta l'epilogo, o meglio, dovrebbe rappresentarlo: le ultime dichiarazioni dell'amministratore delegato della Lionsgate - Jon Feltheimer – non sembrano infatti escludere l'ipotesi di potenziali prequel e sequel della serie.
Restando ancorati al presente, l'ultima pellicola ha tutte le carte in regola per adempiere in modo ottimale al ruolo di episodio conclusivo: tutti i fili pendenti si ricongiungono, i buoni, diventati cattivi, ritornano buoni, il finale è scoppiettante e inaspettato. Le riprese ricominciano dove si erano interrotte le precedenti: la rivolta contro Capitol City è in pieno svolgimento e Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence) deve svolgere il ruolo di leader dei ribelli. La “ragazza di fuoco” però non è sola in questa missione; al suo fianco combatte la “Star Squad”, una formazione imbattibile formata da personaggi “storici” come Gale, Finnick, Peeta, le gemelle Leeg, Pollux e suo fratello Castor, il comandante Boggs e il vicecomandante Jackson. Il loro compito è il più arduo e pericoloso di tutti: uccidere il presidente Snow, spietato dittatore della nazione. L'impresa procede a fatica, si combatte per ogni singolo centimetro in direzione del palazzo presidenziale, e spesso sull'altare della rivolta vengono sacrificati eroi ed amici di Katniss. Il finale, seppur imprevedibile, è quello giusto.
La trama è quindi molto azzeccata e avvincente, su questo non c'è nulla da dire (del resto, se fosse altrimenti non saremmo qui a parlare del terzo episodio); per quanto riguarda l'aspetto tecnico, quello su cui si misura la capacità e il know-how di un critico cinematografico e che quindi mette in luce le mie sconfinate lacune, ho notato un discreto miglioramento rispetto al film precedente. Nonostante alcune scene siano un po' arraffazzonate e delineate con poca cura, il regista Francis Lawrence, ha finalmente trovato la quadratura della sua carriera ed è riuscito a realizzare due opere accattivanti e divertenti. Per quanto riguarda gli attori, una menzione speciale va a Jennifer Lawrence che, oltre a non essere parente del regista, sebbene il cognome possa spingere ad accuse di nepotismo, si dimostra sempre a suo agio nel complicato ruolo di Katniss Everdeen; infine, ricordiamo, tra gli altri, Philip Seymour Hoffman nel ruolo di Plutarch Heavensbee, scomparso un anno fa e ricordato con affetto da tutta la troupe.
Voto per l'episodio e l'intera serie: 8,5!

APRILE 2016

"IL CASO SPOTLIGHT”

L’ articolo di questo mese lo dedichiamo alla pellicola che si è aggiudicata il premio Oscar per il miglior film, "Il caso Spotlight".

La sua storia ha inizio nel 2002, anno in cui, a Boston, scoppia il caso dei preti pedofili in seguito alle indagini del gruppo Spotlight, un audace team di reporter del Boston Globe. Grazie al lavoro di Michael Rezendes (Mark Ruffalo), Walter Robinson (Michael Keaton), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Matty Carroll (Brian d'Arcy James), il team Spotlight riesce, non senza difficoltà, a svelare l'insabbiamento che per decine di anni ha protetto i livelli più alti del sistema religioso, legale e amministrativo della città.
"Spotlight" è un mirabile esempio di cinema civile, un'opera d'inchiesta secca e diretta; il film di McCarthy affonda le sue radici in opere del calibro di Tutti gli uomini del presidente (1976) e Insider – Dietro la verità (1999), riuscendo a evitare eccessi derivativi, garantendo invece una narrazione sempre brillante e originale, appassionante e intelligente. Il regista e il suo co-sceneggiatore Josh Singer, infatti, usano lo scandalo della pedofilia nella chiesa cattolica di Boston come punto di partenza per descrivere una comunità omertosa e silenziosamente connivente, troppo attenta a salvaguardare il buon nome della città e disposta a chiudere più di un occhio dinnanzi agli orrori nascosti del quotidiano. Così, la Curia bostoniana emerge come un vero e proprio clan che esercita il proprio potere occulto grazie a istituzioni subalterne e a cittadini troppo distratti o poco propensi a farsi domande. Ma il film è anche un sentito, commosso e commovente elogio del giornalismo come osservazione lucida e attenta della realtà, come dedizione al proprio lavoro (tanto che delle vite private dei protagonisti non sappiamo quasi nulla, se non grazie a sparuti accenni) e come messa in discussione di sé stessi e delle proprie convinzioni. Una regia asciutta al servizio di una sceneggiatura solida, acuta e abile nel valorizzare tutte le potenzialità di un cast corale di lusso e in gran forma: ottime le prove di tutti gli attori, ma a rubare la scena sono gli strepitosi Michael Keaton e Mark Ruffalo. Due premi Oscar: il già citato miglior film e la miglior sceneggiatura originale."

GOOD SAVE THE QUEER

Giulia Cavallo, 1 G

IDENTITA’ DI GENERE

Salve, cavourrin*!

Mi chiamo Giulia Cavallo e quest’ anno sarò io ad occuparmi di questa rubrica.
Dopo giorni passati a pensare all’argomento di questa prima puntata di God Save the Queer, ho deciso di fare una breve presentazione di ciò di cui parlerò e di spiegare i termini che stanno dietro alle lettere che formano l’acronimo LGBT+.
In queste poche righe con cui potrò comunicare con voi, non intendo imporvi le mie opinioni, ma desidererei avvicinare i lettori a un mondo che viene ancora considerato diverso, “malato”. Un mondo le cui informazioni sono spesso basate su stereotipi e luoghi comuni.
Adesso passiamo alla definizione dell’ LGBT+.
LGBTQQAA+ è un acronimo che si riferisce a Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, Queer, Questioning, Asessuali e Alleati. Anche se tutte le diverse identità nella comunità LGBT sono spesso ammucchiate, ci sono differenze riguardanti ogni singola identità.
Di seguito, trovate una raccolta di varie identità sessuali. Sicuramente ne mancheranno alcune, ho provato a scrivere tutte quelle che so e che sono riuscita trovare su internet. Alcune definizioni potrebbero essere inesatte e mi scuso al riguardo.

ORIENTAMENTI SESSUALI:

Androsexual/Androphilic: una persona attratta dalla mascolinità, non per forza da uomini.

Asessuale: una persona con poca o inesistente attrazione sessuale nei confronti degli altri.

Bisessuale: chi è attratto sia da persone del suo stesso sesso sia da quelle di sesso opposto.

Demisessuale: una persona che non prova attrazione sessuale verso qualcuno senza prima aver instaurato un forte legame emotivo.

Fluid-sexual(ity): una persona la cui preferenza sessuale e/o attrazione varia tra diverse opzioni.

Gay: un uomo primariamente solo attratto da altri uomini.

Gynesexual/Gynephilic: una persona attratta dalla femminilità, non obbligatoriamente nei confronti di donne.

Omosessuale: una persona attratta dalle persone del suo stesso sesso.

Lesbica: una donna primariamente o solo attratta da altre donne.

Pansessuale: chi è attratto da persone indipendentemente dalla loro identità di genere.

Pomosessuale: una persona che non si identifica il suo orientamento sessuale.

Queer: termine ‘ad ombrello’ che raggruppa sotto si sé tutte le possibili orientamenti sessuali e in generale le persone appartenenti alla comunità LGBT+

IDENTITÀ DI GENERE/ESPRESSIONI DI GENERE:

Agender/Genderless: una persona che non si definisce con alcun genere.

Bigender: una persona che si identifica come un uomo e una donna allo stesso tempo.

Cisgender: una persona la cui identità di genere/espressione di genere, è uguale al suo sesso biologico.

Genderqueer/Gender-fluid: un termine ad ombrello usato per descrivere coloro il cui genere non è “ordinario”, una persona che si identifica come un uomo e una donna, o che non si definisce con alcun genere.

Terzo genere: una persona che non si identifica come un uomo o donna, ma con un altro genere.

Transgender: una persona che non si identifica con il proprio sesso biologico. Termine ad ombrello per descrivere l’identità di genere/ espressione di genere di una persona non cisgender.

Transessuale: una persona che non si identifica con il proprio sesso biologico e si sottopone a trattamento medico per cambiare la propria sessualità.

ALTRI TERMINI:

LGBPTTQQAA+: una combinazione di termini che di rappresenta tutte le identità della comunità queer.

Alleati: coloro che supportano la comunità LGBT+ e lotta per l’uguaglianza di tutti gli orientamenti sessuali e identità di genere.

In the closet: una persona che sta nascondendo la propria identità di genere ad alcune persone o a tutti.

Coming Out: l'espressione è usata per indicare la decisione di dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere.

Outing: termine utilizzato per definire l’atto di rivelare a qualcuno l’orientamento sessuale o l’identità di genere senza l’approvazione della persona in questione.

Questioning: il processo di capire il proprio orientamento sessuale, quando il soggetto è insicuro o confuso riguardo ad esso.

Se volete sapere informazioni più approfondite riguardo all’identità di genere, sesso biologico, ruolo di genere, vi consiglio vivamente di leggere il numero di Dicembre dell’anno scorso di questa rubrica.
Per qualsiasi domanda, critica o consiglio non fatevi problemi e scrivetemi: giulia.morg.cavallo@gmail.com.
Al prossimo numero, cavourrin*!

Salve cavourrin*!

Nel momento in cui scrivo questo articolo la Legge Cirinnà è entrata da un paio di giorni in senato. Credo che la maggior parte delle persone siano a conoscenza dei punti principali della legge sopracitata, ma in caso voi lettori non lo foste eccoli qui: unioni civili tra persone dello stesso sesso, riconoscimento della convivenza tra coppie non sposate e stepchild adoption. La legge entrata in aula al senato il 28 gennaio è la prima in Italia che riconoscerebbe dritti e doveri delle coppie dello stesso sesso che vogliono unirsi civilmente e coppie(sia eterosessuali che omosessuali)che convivono, ma non sono sposate. Do un po’ di credito a voi lettori presumendo che voi siate a conoscenza delle unioni civili e come funzionino. Una parte della legge riguarda il riconoscimento di convivenza di fatto alle coppie maggiorenni che convivono ma non sono sposate: infatti avrebbero gli stessi diritti dei coniugi in caso di malattia, morte o carcere. E’ probabile però che voi non siate a conoscenza della stepchild adoption (articolo 5 della legge Cirinnà): un concetto molto semplice in realtà, dato che prevede la possibilità di adottare il figlio o la figlia del proprio coniuge. Però ci sono persone che vorrebbero sostituire a questo articolo con l’affido rinforzato, che durerebbe fino al raggiungimento della maggiore età dal figlio, che si differenzia dall’affidamento normale che ha una durata di due anni e deve essere rinnovato al termine di essi. Ma questa opzione da meno diritti e tutela in modo minore il figlio, in caso di morte del genitore biologico. Ritengo che sia assurdo che alcune persone si sentano minacciate dall’approvazione di questa legge tanto dibattuta e che vogliano tutelare la ‘famiglia tradizionale’, perdendo di vista il reale obbiettivo di questa legge, che non mette in discussione la famiglia tradizionale ma vuole dare diritti a coppie dello stesso sesso e permettere loro di amarsi e tutelarsi come ogni altra coppia. Purtroppo temo che questa legge non verrà approvata, perché l’Italia è ancora troppo ottusa per offrire un diritto basilare ormai ampiamente riconosciuto in moltissimi paesi. Voglio parlare brevemente di un’ ultima cosa: il Family Day. Ciò che mi lascia perplessa, che mi disturba e che mi ferisce è che una delle basi su cui si fonda questo movimento è la cosiddetta ‘famiglia tradizionale’, cioè mamma, papà e figli: non è da considerarsi meno “famiglia” una formata solo da una madre, solo da un padre o genitori dello stesso sesso perché ciò che tiene insieme una famiglia è l’amore, non moralismo tradizionale ed etichette sociali. Come al solito ci vediamo per il prossimo numero e attenderemo con ansia aggionamenti riguardo alla legge in fase di approvazione.

Ciao cavourrin*!

Purtroppo questo mese sembro avere il così detto blocco dello scrittore (nonostante io non mi possa considerare tale) e qualsiasi idea che mi venga in mente mi sembra banale e noiosa; per questo motivo ho deciso di stanziarmi su un suolo più sicuro: i libri. Ho scelto di parlare di un libro che ho letto questa estate: Aristotele e Dante scoprono i segreti dell’universo. Quando l’ho letto mi sono innamorata: innamorata della scrittura, dei personaggi, di tutto. L’ho letto nelle notti in cui non riuscivo a dormire, nei giorni in cui non me la sentivo di uscire a causa del cado infernale, in ogni momento possibile. Quando ho finito di leggerlo ero a bocca aperta, una singola lacrima percorreva la mia guancia ed ero meravigliata da quanto fosse stato bello. Forse sto facendo sembrare questo libro più drammatico di ciò che è veramente. Non è realmente drammatico, se devo dire la verità. Questo libro parla della storia di due ragazzi messicani che cercano di trovare il loro posto nel mondo, ma prima di riuscirci trovano loro stessi l’uno nell’altro, innamorandosi piano piano . La storia è raccontata dalla prospettiva di Aristotele, a partire dalla prima volta che ha incontrato Dante nella piscina della loro città Nel corso della lettura, i personaggi di Aristotele e Dante diventano più complessi, il loro sviluppo è descritto in modo fantastico. Ciò che può sembrare come un racconto sull’ amicizia rimane un racconto sull’amicizia, ma ci sono temi profondi compaiono e Benjamin Saenz ha descritto in modo così spettacolare le vicende che ogni volta che Dante ride, tutte le volte che i due ragazzi chiamano l’altro strano – mi sono sentita parte della storia, come se stessi vivendo con loro il rafforzamento del loro legame Questo libro mi ha aiutato in un periodo in cui non sapevo ci ero veramente, mi ha aiutato a comprendere chi sono veramente e mi ha fatto riflettere molto. Spero vivamente che qualcuno leggendolo abbiamo risolto alcuni dei problemi che lo affliggono, ritrovando un po’ se stesso nel mare di confusione che spesso è la propria testa. Nonostante questa non sia la rubrica dedicata ai libri e ci sia già Amanda in “So many books so little time”, sto passando un momento un po’ complicato e non mi sentivo di trattare di argomenti sempre un po’complicati da spiegare. Al prossimo numero, cavourrin*!

CAVOUROCK

Alessandro Tassini 3H

OTTOBRE 2015

Correva il lontano 1979 e quattro arrembanti e squattrinati teppistelli londinesi dell'Est End davano alla luce un'opera chiamata “The Soundhouse Tapes”, il corrispettivo rock delle Sacre Scritture. Un disco seminale, che avrebbe spinto intere generazioni di musicisti a contribuire allo sviluppo di una nuova forza (in)cosciente, di una nuova entità dai contorni misteriosi, tanto selvaggi quanto avvolgenti. Oggi, quella creatura è conosciuta come “Heavy Metal” ed è nutrita da milioni di individui, che hanno in comune l'alto tasso etilico nel sangue, la delicatezza di un martello pneumatico, la repulsione incondizionata verso i parrucchieri e l'amore verso le note musicali dal ruggito facile. Perdonatemi questa raffica di stereotipi ma, quando si parla di una band così importante per la definizione delle linee guida di un'intera corrente artistica, è difficile non incorrere in luoghi comuni, che se trattati con la dovuta ironia, possono essere fattori costituenti di un'identità socio-culturale fondata sulla musica e progressivamente consolidata da almeno trent'anni a questa parte. Tutto questo sproloquio per introdurre la recensione della sedicesima fatica discografica di una leggenda, che da tempo immemore risponde al nome di “Iron Maiden”; per intenderci, la stessa band che realizzò il “The Soundhouse Tapes”, citato qualche riga più sopra. Ovviamente, si sono susseguiti nel corso degli anni innumerevoli cambi di formazione, seguiti o dettati da mutazioni stilistiche e dall'inarrestabile rimescolamento della scena musicale. Cosa è rimasto quasi inalterato e quali cambiamenti si possono riscontrare dopo una carriera pluritrentennale? Scopriamolo insieme, in un'avventura costituita da un doppio disco della durata complessiva di circa 92 minuti, dal titolo “The Book Of Souls”. L'apertura è affidata ad “If Eternity Should Fail”, brano dotato di un incipit intriso di atmosfera, che sfocia in un'epicità in pieno stile maideniano senza tuttavia sbilanciarsi troppo. Le prime sensazioni sono comunque positive e spianano la strada al singolo “Speed Of Light”, un ottimo pezzo non così consono alle sonorità tipiche del gruppo, che rimanda ad un canone sonoro quasi di stampo “Deep Purple”. Da segnalare il notevole tema a due chitarre che ricorre più volte all'interno della canzone; si procede a spron battuto. Inizialmente insipida, la successiva “The Great Unknown” si riscatta in modo parziale grazie a un paio di cambi di tempo per nulla scontati e anche per via di arrangiamenti di indubbia matrice qualitativa. La quarta traccia, “The Red And Black”, potrebbe essere una potenziale hit dell'intero repertorio della band, ma la strofa che sembra una “The Trooper” rallentata e il coro che strizza l'occhio a “The Wicker Man” vanno a contaminare un inizio promettente e una successiva sezione strumentale condita da tastiere: elementi che rimandano ai Maiden dei tempi migliori. “When The River Runs Deep” trascina con repentini cambi di marcia, passando da ritmi sostenuti ad altri più cadenzati e viceversa, ma si rivela leggermente noiosa, forse per via di un'interludio strumentale (assoli di chitarra esclusi) non esattamente all'altezza. Tuttavia, riesce a convincere e ad avvisare che sta arrivando la title-track, ipnotica, trascinante e chiaramente ispirata alle atmosfere del sempreverde “Powerslave”. Ottimo anche l'avvicendamento tra l'andatura mid-tempo e quella gallopping-style, marchio di fabbrica della band. “Death Or Glory” apre il disc2 e si prospetta da subito un pezzo travolgente; impressione confermata dallo sviluppo serrato e, allo stesso tempo, incisivo e melodico della canzone. Che dire della successiva “Shadows Of The Valley”, con una intro provocatoriamente ispirata a quello del classico “Wasted Years” e che sembra fare il gesto dell'ombrello al tipico metallaro medio che ogni tre secondi sviscera la solita solfa “I Maiden suonano sempre le stesse cose e bla, bla, bla”. A dire il vero, nel suo evolversi, il brano non è malaccio, ma come la maggior parte delle tracce del secondo CD non riesce mai a decollare del tutto. Si arriva poi a “Tears Of A Clown”, omaggio della band all'attore Robin Williams, che con il suo mood lento e melodico incupisce notevolmente l'atmosfera del disco. Tuttavia, l'arrangiamento non è dei migliori e va a penalizzare di molto la personalità della canzone, appiattendola oltremodo. Anche la seguente “The Man Of Sorrows” propone sfumature eminentemente malinconiche, ma proseguendo l'ascolto diventa impossibile discernere la tristezza dovuta all'atmosfera del pezzo da quella generata dalla sua poca consistenza. Un buco nell'acqua quasi totale. E con l'adrenalina in calo, andiamo ad ascoltarci l'atto finale di questo disco eterno, purtroppo solo in termini di lunghezza. Arriva infatti il turno della suite di chiusura, “Empire Of The Clouds”, che, con i suoi 18 minuti, è il brano più lungo dell'intera discografia targata Iron Maiden.

In controtendenza con la recente involuzione della release, questa pomposa e progsteriana traccia si mantiene per larga parte su un livello compositivo molto alto, dove l'inserimento di piano ed archi spadroneggia fondendosi con l'organico “tradizionale” della band. Tuttavia, a lungo andare, perde inevitabilmente un po' di coesione e di cattiveria, anche se non in maniera così determinante. Giunge così il momento di stilare un complessivo bilancio del prodotto finale. Comincerei dal minutaggio, un po' forzato, che non risulterebbe tuttavia eccessivo con un po' di idee in più e con qualche riempitivo di meno, soprattutto nel disc2. D'altro canto, va invece evidenziato come in più di un'occasione gli sferzanti assoli di chitarra vadano ad alzare l'asticella dei pezzi. Inoltre, Bruce Dickinson merita sicuramente un encomio per le condizioni delle sue corde vocali, recentemente provate da un tumore alla lingua. In ultima analisi, l'album si rivela piuttosto altalenante ma, sebbene molte canzoni difettino di mordente, riesce comunque a fare bella figura. Il tour mondiale annunciato dal gruppo, che toccherà anche il nostro Paese, sarà quindi un banco di prova per sondare se i Maiden siano ancora degli assi quando si parla di performance dal vivo. Quindi, non ci resta che aspettare e fremere sui blocchi di partenza, in vista del rush dei biglietti. STAY ROCK!!!

Voto all'album: 74/100.

NOVEMBRE 2015

"SLAYER - REPENTLESS"

Va detto che, dopo gli ultimi tormentati sei anni della loro carriera, c'erano tutti i presupposti per aspettarsi un album a dir poco mediocre e lontano anni luce dai migliori prodotti di casa Slayer. Ascoltandolo, molti sono riusciti a vincere questo preconcetto, giungendo addirittura ad annoverare il disco in questione tra i classici della band. Avrei sicuramente condiviso questa scelta se la release, la prima sotto l'egida della Nuclear Blast Records, si fosse fermata alla terza canzone o poco più. Giusto per mettere in chiaro le cose. Se dopo poche righe siete già di opinione contraria rispetto alla mia, potete anche risparmiarvi la lettura e/o rendermi partecipe del vostro nutrito vocabolario di insulti e ingiurie.
Parlando in termini più generali, sono rimasto decisamente esterrefatto dalla positiva reazione del pubblico dinanzi a quello che reputo uno dei più colossali aborti discografici dell'ultimo decennio. Questo perché il metallaro medio prende per oro colato ogni “cianfrusaglia” targata “Slayer”, “Metallica”, “Motorhead” e chi più ne ha, più ne metta. Il metallaro medio è quello che si accontenta di scapocciare come un merluzzo ascoltando qualsiasi porcheria che gli viene propinata, oppure quello che, alla vista di una copertina eminentemente blasfema, va in subbuglio ormonale come se avesse sacrificato capretti in nome del Demonio fino al giorno prima. Il tutto, senza sviluppare una minima dose di senso critico. E sono certo che un atteggiamento analogo a quello descritto sia alla base del più che superficiale approccio nei confronti di questo album.
Per quanto concerne l'analisi del prodotto, ho trovato imbarazzante il progressivo calo della prestazione generale; esso è diretta conseguenza del fulcro di questa fatica discografica, vale a dire della quasi totale assenza di idee musicalmente consistenti.
Eppure, che ci crediate o meno, il disco parte alla grandissima.
L'opener “Delusions Of Saviour” è un'intro alla vecchia maniera, nonché una delle migliori partorite con il figliol prodigo Paul Bostaph dietro alla batteria: arpeggio incentrato sul peculiare intervallo di tritono, seguito da un'interessante sviluppo e da una decadenza che non è altro che la quiete prima della tempesta. Una tempesta che è nientemeno che la title-track, senza dubbio il brano più incendiario del disco, con il suo ritmo serrato e martellante. Inevitabile, nel testo e nel videoclip, il riferimento al compianto Jeff Hanneman, che si è dovuto arrendere dopo una lunga battaglia contro il suo principale demone personale, cioè l'alcol. Ecco, godetevi queste sfuriate di metallo dall'antico sapore e dal carattere autobiografico, perché saranno le ultime. Le canzoni stanno infatti per sfociare nel più banale nu/groove metal che abbiate mai ascoltato. Già la successiva “Take Control” costituisce un parziale passo indietro rispetto alle due tracce precedenti; il suo refrain è reso ancora più fastidioso dall'uso di accordature insolitamente basse, che da qui in poi spadroneggeranno, causandomi ripetute ulcere. Il quarto brano,“Vices”, è il primo vero buco nell'acqua; null'altro se non un riempitivo privo di coesione, che non lascia alcuna traccia a livello di incidenza musicale. Il mio disappunto aumenta con il quinto pezzo, “Cast The First Stone”, che può essere considerato uno scarto a metà strada tra album come “God Hates Us All” e “World Painted Blood”; discretamente energico, ma in fin dei conti noioso. E' poi il momento di “When The Stillness Comes”, dove si riscontra una grande performance di Paul Bostaph, eccellente nelle rullate, e di Tom Araya, che sbraita nel microfono come ai vecchi tempi. Tuttavia, anche in questo caso, il brano non riesce a decollare e a rimanere impresso. La parabola discendente continua con “Chasing Death”, che nonostante uno sviluppo sommariamente aggressivo, si perde in un altalena di metal ignorantissimo e inconcludente.

A questo punto, si inserisce una delle eccezioni del disco, cioè “Implode”, cioè la tipica randellata sui denti che, di norma, ci si aspetterebbe dagli Slayer. Questa ripresa è purtroppo un caso isolato, dal momento che già con la successiva “Piano Wire” si frena nuovamente e si sfocia nella solita monotonia, che riflette una palese mancanza di idee.
La decima traccia, “Atrocity Vendor”, lascia presagire fulmini e saette a causa di un incipit più che promettente, ma in più di un'occasione si lascia andare ad una caciara troppo generalista. Arriva poi la volta di “You Against You”, che a sorpresa alza nuovamente l'asticella dell'album; molto efficaci i controtempi in apertura di canzone, che ben si prestano al riffing spietato della stessa. Si può dire che sia l'ultima punta di colore di un disco decisamente mediocre, le cui sorti non vengono risollevate da “Pride In Prejudice”, ultimo pezzo della release. L'ennesimo filler che non presenta nulla di geniale, eccezion fatta per il provocatorio gioco di parole espresso nel titolo.
E dunque, il salvabile è veramente minimo, alla luce di un disco che non aggiunge nulla di nuovo ad una carriera trentennale indubbiamente costellata di capolavori. Ci limiteremo quindi ad ascoltare le solite pietre miliari dal vivo, con la consapevolezza che il quartetto di Los Angeles sembra ormai aver smarrito l'estro creativo capace, un tempo, di scuotere intere generazioni.

Voto all' album: 46/100

MARZO 2016

"MEGADETH - DYSTOPIA"

Ben ritrovati cari lettori di Cavourock!!!

Siamo al terzo appuntamento dell'anno ed una delle band più controverse e discusse di sempre è tornata a dare alla luce brani incendiari. Più precisamente, una band che ha solcato le onde del successo almeno quanto quelle del fallimento, che ha regalato capolavori e partorito fiaschi colossali; il tutto in un'epica altalena thrash metal durata oltre un trentennio. Come avrete intelligentemente intuito dal titolo, sto parlando dei Megadeth e del loro album fresco di pubblicazione, orwellianamente intitolato “Dystopia”.
E dunque, allacciamo bene le cinture, perché questo mese avremo a che fare con un tuonante concentrato adrenalinico, con un disco che sprigiona potenza senza mezzi termini. Si parte.
L'opener “The Threat Is Real”, una poderosa cavalcata caratterizzata da sfumature esotiche, incalza l'ascoltatore senza un attimo di tregua; un ottimo biglietto da visita che spiana la strada alla title-track. Quest'ultima, nella sua variegatezza, è indubbiamente uno dei pezzi più riusciti del lotto, pur mostrando evidenti analogie strutturali con il classicone “Hangar 18”: sferzanti assoli di chitarra -con un Kiko Loureiro che ci rende partecipi della sua palpabile ispirazione- e ripetuti cambi di tempo si susseguono all'interno del brano. La terza tappa del nostro viaggio ci conduce a “Fatal Illusion”, una song ragionata e istintiva allo stesso tempo. Molto immediati i rimandi a sonorità già sentite in album del passato, come “Peace Sells...But Who's Buying?”. Dunque, si continua con il piede stampato sull'acceleratore e con aspettative via via crescenti. E anche la successiva “Death From Within” si dimostra all'altezza; il suo refrain corale aggiunge sicuramente qualcosa di nuovo e ben si presta alla sezione solistica del pezzo. Proseguiamo dunque a spada tratta la nostra epopea all'interno di un disco attesissimo. Un disco che, ancor di più nella successiva “Bullet In The Brain”, non si smentisce. A questo punto, diventa irrefrenabile l'impulso di scapocchiare ignorantemente, sospinti dall'energia distruttiva di un brano che alterna tempi dispari a parti più lineari, mettendo in risalto la nitida abilità di Chris Adler dietro le pelli. Decisamente più nella norma la propagandistica e provocatoria “Post American World”, il cui verse mostra una curiosa affinità con il main riff di “Blacklist” degli Exodus. Il brano, giocato su più movimenti, sfoggia tuttavia un ipnotico ritornello e un ottimo guitar solo.
Intro acustica per la successiva “Poisonous Shadows”, che ripropone inizialmente le stesse sonorità orientaleggianti della opening track, per poi evolversi in un pezzo dalla strofa schiacciasassi e dal refrain molto suggestivo. Indubbiamente efficace l'uso di sussidi elettronici, che arricchiscono l'atmosfera fino a renderla magicamente cupa. Sublime incipit acustico ostentato anche dalla strumentale “Conquer...Or Die”, improntata sulle eccezionali linee solistiche di Kiko Loureiro.

Un ben riuscito sproloquio chitarristico che spiana la strada a “Lying In State”, canzone dal ritmo trascinante ma forse al di sotto della media per quanto concerne questo disco.
La release si chiude con “The Emperor”, una piacevole sorpresa dalla vena punk e in un certo qual modo radiofonica. Un pezzo che sembra rispolverare quel profilo easy – listening di album come “Cryptic Writings” e “Youthanasia”, ma che di fatto non aggiunge nulla di nuovo ad un disco soddisfacente sotto la maggior parte dei punti di vista.
E' innegabile che, dopo il lerciume glam-metal di “Super Collider”, i Megadeth siano tornati a fare sul serio. E per questo ritorno in grande stile, Mustaine non avrebbe potuto scegliere musicisti migliori di Loureiro (chitarra solista) e Adler (batteria); un organico che si amalgama decisamente bene, in un sound compatto e moderno. Il tour mondiale da poco cominciato sarà un ulteriore banco di prova per questa formazione, inedita ma dall'indubbia qualità.

Voto all'album: 84/100.

APRILE 2016

"FIDEL CASTRO E IL ROCK'N ROLL"

«Molti di questi inutili sociali, figli della borghesia, che vanno in giro con pantaloni troppo stretti, alcuni con una chitarrina e atteggiamenti alla Elvis Presley, ora hanno portato la loro dissolutezza all'estremo di voler riunirsi in posti pubblici, per organizzare gratis i loro spettacoli effeminati. La società socialista non può tollerare questo tipo di degenerazione». (Fidel Castro)

Grazie ad un filmato recentemente riproposto dall’opposizione anticastrista, possiamo tornare indietro nel tempo fino al 13 ottobre 1963. Aula magna dell’Università di La Havana: il Lìder Maximo, rivolgendosi al giovane pubblico, mette in guardia dai pericoli di quel movimento culturale di matrice statunitense, che si stava affermando sotto il nome di rock’n roll. Critiche che risultano paradossali, a fronte del messaggio di ribellione e del generale rifiuto del potere di cui un genere come il rock si è sempre fatto interprete. D’altronde, storicamente, qualsiasi regime dittatoriale ha impulsivamente stroncato ambiziose correnti popolari, in quanto esse risultavano potenziali motori di idee. Eppure, almeno in linea di principio, chitarre ruggenti e testi invocanti alla libertà sembrerebbero in consonanza con alcune delle idee sbandierate da Fidel; verrebbe da chiedersi quale scenario si sarebbe proposto, qualora Castro avesse deciso di “adottare” ideologicamente il rock’n roll, utilizzandolo come inno, nonché veicolo, del proprio manifesto. Direi che è meglio non pensarci: sono infatti innumerevoli le occasioni in cui il sacro rock ha dimostrato di poter superare qualsiasi ostacolo geo-politico, confine o sbarramento socio-culturale che si fosse presentato sulla sua strada. Ed è esattamente ciò che è accaduto quando, nella già menzionata capitale cubana, il 25 marzo scorso, alcuni vecchietti decisamente in età pensionabile, conosciuti come “Rolling Stones”, hanno tenuto un epocale concerto di circa due ore. Un evento dalle implicazioni politiche piuttosto nitide: anni di ostracismo e di completa condanna a discapito del rock’n roll verso i quali sembra essere stato mosso un primo passo di redenzione. Addirittura, c’è chi, come il presidente Obama, non ha indugiato a sintetizzare l’avvenimento con tre semplici, ma evocative parole: “El Nuevo Dìa”.

E se davvero è un nuovo giorno per il rock, allora è un nuovo giorno per Cuba e per il mondo intero.
Non resta che augurarsi che questo magnifico episodio sia l’alba di un’era di pace e che, al contempo, possa almeno parzialmente costituire il crepuscolo di politiche osteggianti e di preconcetti quantomeno insensati.

LA VIOLENZA SULLA DONNE

Ciao a tutti, sono una new entry in questo giornalino scolastico e non sono molto esperta, ma ho pensato di proporre un tema abbastanza attuale al giorno d'oggi: la violenza sulle donne. Questo è un problema presente in tutto il mondo, ma ho deciso di parlare del Kenya, in particolar modo di Nairobi. Proprio in questa città è nata e cresciuta Wangu Kanja, proprio in questa città nel 2002 lei stessa è stata violentata. Ha denunciato ciò che le era successo alla polizia, che però ha rifiutato di mettere a verbale lo stupro e in questo modo l'uomo che l'ha aggredita non è mai stato trovato. Non si è persa d'animo e ha fondato con all'appoggio di Actionaid una fondazione, la Wangu Kanja Foundation, che lotta per i diritti delle donne. In questo modo è riuscita a parlare di ciò che le è accaduto e ha sostenuto molte donne che hanno passato la sua stessa esperienza; l'associazione prevede inoltre cure mediche e psicologiche per le donne che ne fanno parte e l'obbiettivo è sicuramente quello di migliorare la vita a tutte le vittime di aggressioni sessuali. Moltissime donne si son rivolte al centro fondato da Wangu e tante altre continuano a farlo ancora adesso. Un esempio è Amina, di ventisei anni, violentata nel 2009; questa giovane donna ha mantenuto il segreto per anni, fino a quando non ne ha parlato con una collega che le ha consigliato di recarsi al centro. Amina e Wangu si sono incontrate per la prima volta nel 2011: la giovane inizialmente era a disagio, ma poi è riuscita a raccontare tutto e a farsi aiutare. Wangu le ha fatto capire, tramite un corso di danza, che è una donna e che di conseguenza dev'essere rispettata e non trattata come un oggetto. Attualmente è felice, in pace con sé stessa, nonostante non abbia ancora un lavoro. Ha il certificato per fare la parrucchiera e il suo sogno è quello di aprire un salone di bellezza, all'interno del quale parlare con altre donne, confrontarsi con loro e raccontare la sua esperienza. Il centro di Nairobi gestisce anche una scuola primaria del posto e un centro sanitario, che, oltre alle cure mediche, offre anche attività di supporto per la comunità.

'CCEZIONALE

Alessandro Malta, Gabriele Corzani

DICEMBRE 2015

Ecco alcuni match molto avvincenti e importanti di tutta Europa che ho scelto di raccontarvi…

IL DERBY DELLA MOLE

Si gioca allo Juventus Stadium il match più atteso da tutti tifosi di Juve e Toro. Quest’anno, a differenza di quelli passati, il Toro si trova davanti ai bianconeri, che hanno avuto un inizio altalenante. La favorita non può che essere la Vecchia Signora che, negli ultimi anni, si è sempre imposta nel derby, eccezion fatta per l’ultimo, dove i granata hanno portato a casa la vittoria dopo 20 anni.

LE FORMAZIONI

JUVENTUS (4-3-1-2): Buffon; Padoin, Barzagli, Bonucci, Evra; Khedira, Marchisio, Pogba; Hernanes; Dybala, Morata. A disp. Audero, Neto, Rugani, Alex Sandro, Caceres, Sturaro, Lemina, Cuadrado, Mandzukic, Zaza. All. Allegri.

TORINO (3-5-2):Padelli; Peres, Bovo, Glik, Moretti, Molinaro; Acquah, Vives, Baselli; Maxi Lopez, Quagliarella. A disp. Castellazzi, Ichazo, Pryyma, Silva, Zappacosta, Benassi, Prcic, Amauri, Belotti. All. Ventura.

Il primo tempo

Il match è molto noioso fino all’11' minuto quando per un problema muscolare Khedira è obbligato ad uscire dal campo. Al suo posto entra Cuadrado. La sostituzione cambia le sorti del match e al 16', con un contropiede perfetto, Pogba scaglia una bordata sotto la traversa e porta in vantaggio la Juve. Il Toro si fa pericoloso solo alla mezz’ora quando Baselli trova Quagliarella, che dal limite dell’area si gira e tira sfiorando il palo. Il primo tempo si chiude con la Juventus meritatamente in vantaggio.

Il secondo tempo

La ripresa inizia con i granata subito in pressing in cerca del pareggio. Al quinto minuto il Toro ha a disposizione una punizione dal limite, che va a battere Bovo. La barriera respinge il tiro, ma la palla torna al difensore granata, che con un siluro sotto la traversa, mette in parità il derby. Dopo la rete del Toro, la Juve non riesce a reagire e viene schiacciata dai granata, che con Glik hanno due opportunità per portarsi in vantaggio; San Gigi riesce a salvare la Juve. Il match sembra destinato a finire in parità quando la Juve colpisce la traversa con Bonucci al novantunesimo. Il Toro si salva… ma solo per poco, perché al novantatreesimo Sandro effettua un cross basso, al quale non arriva nessun difensore granata. Ad arrivarci è però Cuadrado, che a porta vuota deposita il goal del clamoroso 2-1. Allo Stadium esplodono i tifosi juventini che possono festeggiare l’ennesima vittoria nel derby.

IL CLASSICO

REAL MADRID-BARCELLONA

Si gioca al Santiago Bernabeu il match più atteso dagli spagnoli, il MATCH più importante dell’anno per due superpotenze del calcio Europeo.

Le formazioni ufficiali:
Real Madrid (4-3-3): Navas - Carvajal, Ramos, Varane, Marcelo - Kroos, Modric, Isco - Bale, Cristiano, Jesé. Allenatore: Benitez.
Barcellona (4-4-2): Bravo; Alves, Pique,Mascherano, Alba; Sergio, Iniesta, S.Roberto, Rakitic; Neymar jr, Luis Suarez. Allenatore: Luis Enrique

Primo tempo

Bastano appena 10 minuti agli ospiti per colpire la difesa madridista. Sergi Roberto, gestisce al meglio la sfera nei pressi del limite dell’area dei blancos, servendo col contagiri il Pistolero: l’assist prende in controtempo Varane ed il numero 9 deve solo aspettare che il pallone arrivi davanti al proprio destro per fulminare Navas, con una staffilata ad incrociare. Il Real non reagisce e gli ospiti riescono a rendere inoffensivo l’attacco dalla camiseta blanca. I giocatori del Barcellona continuano ad attaccare. Attorno al 25′ci provano Neymar e Sergi Roberto, ma senza trovare la rete. Un minuto dopo, tegola per la squadra di Luis Enrique: Mascherano è costretto ad uscire per infortunio, sostituito da Jeremy Mathieu. Malgrado l’uscita di Mascherano, i padroni di casa non riescono a sfondare, né ad interrompere il possesso di palla catalano. Anzi, a sei minuti dal termine della prima frazione, sono i blaugrana a provarci nuovamente: Iniesta trova con uno scavetto Neymar, scattato sul filo del fuorigioco trova il facile raddoppio. Il Bernabeu è annichilito. La prima frazione finisce con un Real intontito e sempre più impotente.

Secondo tempo

Solo una folata d’orgoglio può riaprire la partita e Marcelo, in avvio di ripresa, prova subito a dare una scossa emotiva alla sua squadra, superando tutti gli avversari sulla fascia destra catalana, ma divorandosi la rete sul più bello, con un sinistro secco sull’esterno rete. Un minuto dopo, Bravo deve superarsi su una saetta di Rodriguez dal limite, calciata di controbalzo. Non è da meno Navas, provvidenziale nell’alzare in corner un’insidiosa punizione dal limite del numero 11 brasiliano, destinata a cadere appena sotto la traversa. Al 54′, su una sponda in area di Neymar, Andres Iniesta è il più veloce ad inserirsi: destro a mezza altezza sul primo palo ed è 0-3. Suarez si divora l’occasione per la doppietta, spedendo a lato da posizione decentrata. Al 68′, Bravo spegne le speranze madridiste, deviando col volto il tiro di Ronaldo, lanciato a rete.. Ad un quarto d’ora dalla fine arriva il poker: Jordi Alba, piazzato nella, serve di prima Suarez in profondità. A tu per tu con Navas, il cucchiaio del numero 9 non lascia scampo al portiere: palla in fondo al sacco e doppietta per il Pistolero. Il match termina con un sonoro 0-4 e con una vibrante dimostrazione di forza del Barcellona.

Gabriele Corzani

MARZO 2016

SORTEGGI DI CHAMPIONS LEAGUE E DI EUROPA LEAGUE
Urna sfortunata per le italiane in Champions League. Negli ottavi dovranno affrontare gli avversari più pericolosi e temuti: la Roma sfiderà il Real Madrid di Zinedine Zidane (andata mercoledì 17 febbraio all'Olimpico, ritorno martedì 8 marzo al Bernabeu), la Juventus se la vedrà con il Bayern Monaco di Pep Guardiola (martedì 23 febbraio allo Juventus Stadium e mercoledì 16 marzo all'Allianz Arena). Gli altri ottavi sono Gent-Wolfsburg, Arsenal-Barcellona, Psg-Chelsea, Benfica-Zenit, Dynamo Kiev-Manchester City e Psv-Atletico Madrid. La finale di questa edizione di Champions si giocherà a San Siro sabato 28 maggio 2016. Bayern e Juventus si ritrovano dopo i quarti del 2012-2013. Passarono i tedeschi con un doppio 2-0; quell’anno il Bayern vinse poi il trofeo. Roma e Real si sono sfidate in Champions già sfidate otto volte. I giallorossi eliminarono i blancos agli ottavi della stagione 2007/08, vincendo 2-1 sia in casa sia in trasferta. Anche in Europa League il sorteggio è stato ostico, anche se non impossibile, per le tre italiane nei sedicesimi dell’Europa League: la Fiorentina se la vedrà con il Tottenham (andata al franchi e ritorno a White Hart Lane), la Lazio giocherà contro il Galatasaray (andata a Istanbul e ritorno a Roma), infine il Napoli se la giocherà con il Villareal (andata in casa degli Spagnoli e ritorno al San Paolo). Le partite di andata verranno disputate giovedì 18 febbraio, mentre il ritorno giovedì 25.

COPPA ITALIA

ALESSANDRIA-MILAN
Missione compiuta per il Milan, che sbanca all'Olimpico di Torino e fa suo il primo atto della semifinale di Coppa Italia. SuperMario parte in coppia con Luiz Adriano e, se il brasiliano rimane fermo al centro dell'attacco, Balo si abbassa spesso sulla trequarti; oppure si allarga per cercare qualche spazio o altre soluzioni giocabili, visto che l'Alessandria si batte su ogni pallone come se fosse l'ultimo. Encomiabile la prestazione dei grigi, che provano ad annullare il gap tecnico con corsa e sacrificio ma alla fine devono arrendersi a un rigore e, nel complesso, alla superiorità della banda di Mihajlovic. Il Milan non schiaccia mai gli avversari, ma è anche vero che dietro non rischia mai se non su qualche conclusione dalla distanza.
Le difficoltà più grandi, per i rossoneri, riguardano il centrocampo, dove Poli e Mauri hanno parecchia polvere da togliere e non riescono a organizzare la manovra, mentre gli esterni (Boateng e Honda) non saltano mai l'uomo. Il gol nasce da una discesa di Antonelli, che viene steso in area da Morero prima del destro all'angolino di Balotelli (43'). Il Milan, nella ripresa, ha due grandi chance per raddoppiare (50' e 84'), ma Honda (sinistro salvato da Sabato a pochi passi dalla linea) e Niang (conclusione sventata da Vannucchi con l'aiuto del palo) non hanno la stessa precisione di SuperMario, la cui rete spiana la strada ai compagni per una finale ormai vicinissima.

JUVENTUS-INTER
La Juventus conferma di essere in uno stato di forma incredibile e si libera senza problemi dell’Inter nella semifinale di andata di Coppa Italia, battendo con un secco 3-0 i nerazzurri grazie alla doppietta di Alvaro Morata e al gol di Dybala che chiude i conti. Per gli uomini di Mancini si fa dura in vista del ritorno, data la difficoltà di ribaltare un punteggio così proibitivo.
A partire meglio sono i bianconeri, che dopo 2 minuti hanno già l’occasione di portarsi in vantaggio: Morata libera bene Asamoah, che da buona posizione non inquadra lo specchio della porta; la partita è equilibrata, ma sono i bianconeri a creare di più. Al 21′ altro pallone pericoloso dalle parti di Handanovic; protagonista ancora Morata, ma il suo rasoterra finisce a lato. I bianconeri continuano a macinare gioco, senza però trovare il modo di fare breccia nella difesa degli ospiti, almeno fino al 36′: Murillo abbatte Cuadrado lanciato in area da un filtrante e Tagliavento indica il dischetto. Dagli undici metri va Morata che piazza sotto la traversa, siglando la rete dell’1-0. L’Inter prova a reagire subito con Jovetic ma la Juventus è ben disposta e non concede spazio agli avversari; il primo tempo così finisce con i padroni di casa in vantaggio.
La ripresa inizia con meno intensità: la Juventus prova a controllare la gara, con l’Inter che manovra senza grossi risultati; così i bianconeri colpiscono ancora, sempre con Morata. E' il 63′, lo spagnolo respinge in girata di prima intenzione un disimpegno corto di Felipe Melo su cross di Evra: 2-0 e Stadium in delirio. Al 66′ la prima occasione dell’Inter vede Murillo protagonista, ma il suo colpo di testa viene bloccato da Neto in presa plastica. Al 70′, però, i nerazzurri rimangono in dieci per l’espulsione dell'appena citato colombiano, che si fa ammonire per la seconda volta dopo un fallo su Cuadrado. I minuti passano e la Juve potrebbe arrotondare al 78′ ancora con lo scatenato Morata, che invece questa volta si divora un gol fatto; è solo il preludio del 3-0 che arriverà all’83’ con Dybala che batte Handanovic dal limite dell’area. Non ci sono altre emozioni fino al fischio finale di Tagliavento: allo Stadium, Juventus-Inter termina 3-0.

SERIE A; match principali dell’ultimo periodo

JUVE - ROMA
Una Roma ordinata viene piegata da uno dei pochi errori che ha commesso e dai due giocatori che fanno la differenza con la maglia della Juventus, ovvero Paul Pogba e Paulo Dybala. I giallorossi eseguono con diligenza e attenzione gli ordini di Spalletti, mostrano di poter applicare con concentrazione il 3-4-1-2 (De Rossi tra i migliori da difensore centrale), ma lasciano i punti allo Juventus Stadium pagando a caro prezzo un eccesso di confidenza di Florenzi e la mancanza di “fallo tattico”. Una gara molto equilibrata che viene decisa al 32′ del secondo tempo: l’esterno destro giallorosso cerca l’incursione solitaria partendo dalla propria metà campo ma si fa fermare da Evra. Khedira e Pogba partono in progressione per trenta metri senza che nessun romanista spenda un fallo per fermarli. Assist del francese per Dybala che in trenta centimetri se la aggiusta di esterno sinistro e batte in diagonale Szczesny. E’ il gol che spedisce la Juventus – undici vittorie di fila – alle spalle del Napoli capolista e tiene la Roma al quinto posto, 35 punti, a sei da Fiorentina e Inter terze e sole quattro lunghezze sulla Lazio nona in classifica.

MILAN - FIORENTINA
Mihajlovic decide di ridare fiducia ad Alex in difesa, mentre a centrocampo è Montolivo-Bertolacci la coppia indicata. Honda e Bonaventura sugli esterni. Nella Fiorentina non c'è lo squalificato Gonzalo Rodriguez e al suo posto gioca Tomovic. Sulla trequarti c'è Suarez a fare le veci dell'infortunato Badelj. Davanti, trio Bernardeschi-Ilicic-Kalinic. Pronti via e dopo tre minuti il Milan è in vantaggio. Grande palla sul filo della linea del fuorigioco di Bonaventura per Bacca: il colombiano entra in area e grazie allo scatto ottiene lo spazio per infilare Tatarusanu sul palo più lontano. E' il nono gol in campionato per Bacca, che si conferma il bomber dei rossoneri.
La Fiorentina reagisce e all'11' va vicino al pari ma Bernardeschi tutto solo si addormenta e si fa recuperare da Antonelli. La partita alterna momenti di stanca a momenti di accelerazione, dove i viola provano a sfondare soprattutto sulla destra con Bernardeschi; ma un ottimo Antonelli tiene botta. Centralmente, i viola non trovano spazio grazie alle chiusure di Bertolacci e Montolivo. Nel Milan, migliori in campo Bonaventura e Bacca. Nei viola molto attivi Ilicic e Borja Valero. Nella ripresa, nessun cambio per i due allenatori. Al 50', gli ospiti si rendono pericolosi con Tomovic, bravo a svettare in area e a indirizzare verso la porta, ma Donnarumma controlla. Tre minuti dopo, il portiere rossonero esce male in area e permette ai viola di rimettere la palla in mezzo; solo Alex evita la ribattuta in rete. Al 60' è il Milan ad andare vicino al gol. Stavolta è Antonelli a trovarsi a tu per tu con il portiere viola, ma la sua conclusione è troppo debole per risultare pericolosa. La Fiorentina continua la sua gara determinata, seppur tra tanti errori. I rossoneri ne approfittano e a un quarto d'ora dalla fine vanno vicini al gol della tranquillità con Honda. Rete che arriva a tre minuti dalla fine. Lancio di Kucka a tagliare tutto il campo per la corsa di Boateng, che evita Tatarusanu e riesce a insaccare a porta vuota nonostante il recupero di Roncaglia. Il Boa era entrato al 34' al posto di uno stremato Niang.

APRILE 2016

LA SERIE A

Ormai il campionato è iniziato da due mesi, sono state giocate nove giornate nella quale abbiamo visto i primi big match e abbiamo potuto iniziare a capire il livello delle squadre e intuire chi lotterà per lo scudetto, chi per l’Europa e chi per la salvezza.
L’attuale classifica vede la Roma in testa con 20 punti, seguita dal Napoli, dalla Fiorentina e dall’Inter a 18 punti, mentre in quinta posizione c’è la Lazio. Il Milan si trova in decima posizione e la Juve, nonostante un inizio disastroso, è in dodicesima posizione .
In zona retrocessione troviamo il Bologna, il Verona e il Carpi.
I big match dall’inizio della stagione sono stati: Roma-Juve (2-1); Milan-Inter (0-1); Inter-Fiorentina (1-4); Fiorentina-Milan(2-0); Napoli-Juve (2-1); Inter-Juve (0-0) e Napoli-Fiorentina (2-1).
Il Milan e la Juventus sono le due “grandi” che stanno deludendo maggiormente, soprattutto la Juve dalla quale ci si aspettava potesse lottare nuovamente per il titolo.
Finora i bianconeri hanno totalizzato 12 punti, hanno perso due dei tre scontri diretti giocati, tra cui la prima partita del campionato in casa per la prima volta nella loro centenaria storia. Come se non bastasse, la squadra non è ancora riuscita a trovare un gioco convincente ed è stata dimezzata da molteplici infortuni.
Le uniche certezze per i bianconeri sono Gigi (inspiegabilmente escluso dalla lista del Pallone d’Oro 2015) e Juan Cuadrado, che ha fatto un inizio di stagione molto convincente e Marotta sta pensando di riscattarlo già a gennaio. Anche l’inizio di Dybala, anche se non ha giocato sempre, è stato di tutto rispetto. Ma la grande delusione è stato l’inizio di stagione del francese Pogba, che con la maglia numero 10 non riesce a convincere come faceva negli anni precedenti.
La squadra che sta esprimendo il miglior gioco è la Roma che si trova meritatamente al primo posto della classifica. Garcia quest’anno ha cambiato gioco mettendo in panchina Totti e lasciando spazio a Dzeko, Salah e Falque (alternato a Gervinho) che stanno giocando in modo superbo.
Anche il Napoli, dopo la vittoria con la Juve, sembra rinato e adesso si trova in seconda posizione, dopo un inizio che poteva far presumere una stagione di basso livello e un esonero prima di giugno per Sarri.
La Fiorentina, dopo la sconfitta con il Toro alla seconda giornata, aveva incanalato 6 vittorie consecutive, di cui una a San Siro con l’Inter per 4-1, che l’avevano portata in prima posizione ma nell’ottava e nella nona giornata ha subito due sconfitte con Napoli e Roma che hanno fatto perdere due posizioni alla squadra del capoluogo toscano.
Anche l’Inter era partita molto bene (quattro vittorie nelle prime quattro giornate) ma dopo la sconfitta con la Fiorentina non è ancora riuscita a tornare alla vittoria, mettendo a segno solo tre pareggi.
L’altra milanese invece alterna buone prestazioni a sconfitte disastrose; in queste nove giornate ha riportato un solo pareggio e quattro sconfitte, risultati grazie ai quali si trova solo in decima posizione e Mihailovic rischia già l’esonero.
La seconda squadra di Torino dopo un inizio super ha iniziato a prendere le prime batoste, ha subito una sconfitta clamorosa con il carpi e ha preso tre sberle dalla Lazio che sicuramente non sta esprimendo un livello di gioco come l’anno scorso. In queste nove giornate si è messo in mostra nei granata il centrocampista Daniele Baselli che ha messo a segno 5 goal e ha esibito delle grandi prestazioni.

A CHAMPIONS LEAGUE

Gironi Champions League 2015/2016

Girone A: PSG-Real Madrid
Dopo una lunga attesa ecco la partita più importante del girone,CR7 contro Ibra, Sergio Ramos contro Thiago Silva, due squadre piene di campioni che si sfidano per il primo posto del gruppo A. Il primo tempo è dominato nettamente dal Real; Trapp (portiere PSG) e la difesa hanno salvato possibili goal per 45 minuti. Nel secondo tempo il PSG si fa sentire, ma il solito Ronaldo spaventa i difensori e il portiere con molteplici tiri. L'arbitro fischia la fine dopo un ultimo assedio da parte del PSG. Risultato 0-0.

Girone B: Man.United-Wolfsburg
La squadra rivelazione tedesca si scontra contro i campioni di Manchester. Gli inglesi non sono stati eccezionali in queste ultime partite quindi cercheranno il riscatto. Al quarto minuto Caligiuri(esterno Wolf.)punisce lo United con una grande azione sulla destra. Lo stesso Caligiuri con un fallo di mano concede un rigore che Mata trasforma in goal al trentaquattresimo. Il goal che chiude la partita arriva al cinquantaduesimo con Smalling che regala allo United la vittoria. Risultato 2-1.

Girone C: Galatasaray-Atlético Madrid
Partita quasi alla pari quella tra i turchi e gli spagnoli che vincono grazie a una doppietta del solito Griezmann al 18' e al 25'.Risultato 0-2.

Girone D: Man.City-Juventus
Tensione alle stelle nello scontro più atteso del gruppo D. La Juventus, campione d'Italia e vice campione d'Europa, sfida il City di Pellegrini. Fischio d'inizio. La Juve soffre ma Buffon la salva diverse volte finché al 57' per colpa di un autogol di Chiellini la Vecchia Signora passa in svantaggio. Ma Mandzukic trova la rete del pareggio al 69' con una spaccata e adesso la Juventus ci prova, vuole vincere. E finalmente all'ottantunesimo arriva il goal strepitoso di Morata, sinistro a giro che regala alla Juve la vittoria. Risultato 1-2.

Girone E:Roma-Barcellona
Gli attuali campioni d'Europa vanno a trovare all'Olimpico la Roma di Garcia che dovrà fare attenzione a non venire schiacciata dagli spagnoli. La partita inizia e al 21' Suarez porta in vantaggio il Barça con un colpo di testa. Tuttavia, come se niente fosse, al 31' Florenzi si inventa il goal che vale tutta una carriera: pallonetto da centrocampo, spettacolare. Il resto della partita è colmato dai molteplici attacchi degli spagnoli e dalle ripartenze della Roma. Nonostante lo spettacolo dato la partita si conclude con un pareggio. Risultato 1-1.

Girone F: Arsenal-Bayern Monaco
Si prevede un grande spettacolo tra queste due formidabili formazioni: gli inglesi contro i campioni tedeschi, chi vincerà? La partita inizia e le due squadre si alternano a creare azioni eccezionali e a mettere in difficoltà gli avversari. Finché al 77' Giroud, con un colpo sicuro a porta vuota, regala il vantaggio all'Arsenal, che raddoppia al 94' con Ozil. Vittoria agli inglesi dopo una partita molto combattuta. Risultato 2-0.

Girone G: Porto-Chelsea
Il Chelsea di Mourinho vola fino in Portogallo per affrontare il Porto. Ovviamente, i pronostici sono tutti a favore dei blues, ma sarà così? Il match inizia e al 38' André segna su rimpallo e trafigge Begovic. Al 46' si torna al pareggio con una punizione trasformata da Willian: adesso si gioca il tutto per tutto.
Purtroppo per gli inglesi al 52' Maicon beffa il portiere segnando il goal del vantaggio, che chiude la partita. Risultato 2-1.

Girone H: Valencia-Zenit
Partita interessante quella tra gli spagnoli e i russi: si prevedono scintille. Lo Zenit passa in vantaggio con una doppietta di Hulk al 9' e raddoppia al 44', ma la partita non è ancora finita. Cancelo al 54' e Gomes al 73' riportano il parziale in parità, ma Witsel segna al 76' e conclude una partita ricca di emozioni. Risultato 2-3.

Gabriele Corzani

IL DERBY DELLA MOLE

TORO-JUVENTUS

1-4

Record, vittoria e polemiche. È questo il riassunto del derby di Torino vinto per 4-1 dalla Juventus di Allegri. Il record è naturalmente di Gigi Buffon, che ha stabilito il nuovo primato di imbattibilità, superando nella speciale classifica Sebastiano Rossi. La vittoria è invece della Juventus, che ha chiuso il primo tempo della partita in vantaggio di due gol grazie ad un calcio di punizione di Pogba (poco dopo l’uscita per infortunio di Dybala) e alla rete di Khedira, al quale la difesa del Torino ha concesso un'autostrada per inserirsi palla al piede in area di rigore e anticipare Padelli in uscita.Sembrava essere una partita in discesa per la Juventus che però all'inizio della ripresa si è complicata la vita concedendo un calcio di rigore con Alex Sandro, autore di un intervento da dietro in ritardo su Bruno Peres. Proprio in questa circostanza i granata hanno protestato lungamente con l'arbitro chiedendo la seconda ammonizione dell'ex Porto; il provvedimento ci poteva stare e avrebbe sicuramente cambiato l'equilibrio del match visto che Belotti non ha sbagliato dal dischetto accorciando le distanze per la sua squadra.Al 58esimo il Torino ha protestato ancora per un errore del guardalinee, colpevole di aver sbandierato una posizione di fuorigioco annullando il gol del 2-2 di Maxi Lopez. Questo torto arbitrale non ha permesso al Torino di riaprire la partita, chiusa poi da Alvaro Morata (con due assist di Pogba) con una doppietta.

UDINESE-NAPOLI

3-1

L'Udinese fa la differenza soprattutto sull'out di destra, rompendo quella catena mancina che spesso ha trascinato il Napoli. Già prima del quarto d'ora, i padroni di casa sono in vantaggio: Koulibaly mette giù Badu in area e Bruno Fernandes trasforma dal dischetto, nonostante Gabriel intuisca la traiettoria. Fernandes potrebbe subito raddoppiare ma Higuain non intende mollare e lo fa capire al minuto 24: un pallone rimpallato al limite dell'area che scarica a rete. Il suo missile terra-aria vale il momentaneo pareggio e il centro numero 30 in campionato, ma è una gioia che dura poco. Passa un altro minuto e l'Udinese ottiene un'altra chance dal dischetto (stavolta è Ghoulam a stendere Widmer, episodio che porta alle proteste e all'espulsione di Maurizio Sarri), ma stavolta Gabriel è bravo a ipnotizzare Bruno Fernandes. Il portoghese si rifarà a pochi secondi dal riposo: stavolta il portiere azzurro sbaglia del tutto un disimpegno, servendo Duvan Zapata ed intestardendosi nel provare a riprendersi il pallone, il colombiano si fa spazio e crossa per Fernandes, che in sforbiciata insacca nella porta sguarnita. Il Napoli non fa in tempo ad organizzare una vera reazione perché, al rientro dagli spogliatoi, bastano dodici minuti all'Udinese per chiudere i conti: Thereau si fa trovare pronto sullo spiovente di Widmer e fa centro in acrobazia. Gli azzurri perdono lucidità, sfiorando il gol solo in due circostanze (con un diagonale di Insigne e poi con un colpo di testa di Hamsik, nei minuti conclusivi) e ritrovandosi anche in inferiorità numerica: all'irriducibile Higuain, frustrato per un sogno-scudetto che si allontana, ecco che Irrati mostra il secondo giallo, per un intervento su Felipe. La reazione dell'ex madridista è rabbiosa, con i compagni a trattenerlo dall'aggredire l'arbitro. È questa l'istantanea più potente della giornata del Napoli, mentre l'Udinese chiude controllando in agilità, ritrovando consapevolezza dei propri mezzi e il giusto ottimismo in vista del finale di campionato.

QUARTI DI FINALE DI CHAMPIONS

BARCELLONA-ATLETICO MADRID 2-1

L’Atletico Madrid mostra un ottimo approccio alla gara e fin dalle prime battute mette in campo tutta la ‘garra’ che Simeone ha saputo trasmettere alla sua squadra. Il Barcellona fatica a trovare spazi e deve guardarsi dalle molteplici ripartenze dei colchoneros. Dopo un colpo di testa di Neymar di poco alto sulla traversa al 19′, gli ospiti passano al 25′ con un’azione di rimessa che è la sintesi perfetta del calcio del Cholo. La pressione vincente sui portatori di palla blaugrana, la verticalizzazione di Koke e la lucidità di Torres nel trafiggere Ter Stegen sono da manuale. Su un altro contropiede Griezmann sfiora il raddoppio al 31′, quando il portiere tedesco del Barça vola a deviare in corner. Al 35′ la partita dell’Atletico si complica per l’espulsione di Torres, con El Nino che rimedia due gialli nello spazio di soli sei minuti.
Sfruttando la superiorità numerica i blaugrana cambiano passo nella ripresa e mettono alle corde i colchoneros. Messi, a caccia della sua 450esima rete con la maglia del Barcellona, ci prova con un’acrobazia che finisce fuori di poco e con un tiro dalla distanza respinto da Oblak. In mezzo alla due occasioni per la Pulce, una pennellata di Neymar si stampa sulla traversa. E’ il preludio al pareggio, firmato al 63′ da Suarez, rapace nel deviare sotto porta la conclusione al volo di Jordi Alba. Il Barça continua a premere e, nonostante la generosità dell’Atletico, passa in vantaggio al 74′ ancora con il Pistolero al termine di una magnifica triangolazione con Dani Alves, chiusa dal colpo di testa dell’uruguaiano. I colchoneros non riescono praticamente mai a ripartire, ma resistono al forcing finale della squadra di Luis Enrique, alla ricerca del terzo gol, e si accontentano di un ko di misura che lascia aperto il discorso qualificazione in vista del ritorno al Calderon.

BAYERN MONACO-BENFICA 1-0

L’avvio di gara dei bavaresi è molto determinato e agli uomini di Guardiola bastano due minuti per sbloccare il risultato. Bernat pennella un cross ben calibrato dalla sinistra, sul quale si inserisce Vidal che, di testa, insacca sul secondo palo senza lasciare scampo a Ederson. Spinto dal pubblico dell’Allianz Arena, il Bayern continua a dominare la scena, ma non riesce a trovare il raddoppio. L’occasione migliore capita al 20′ sul destro di Müller, che vede l’estremo difensore dei lusitani respingere d’istinto il suo secco rasoterra a botta sicura sull’assist perfetto di Thiago Alcantara. Con il passare dei minuti, però, la manovra dei padroni di casa si fa meno brillante, il Benfica taglia i rifornimenti a Lewandowski e imbriglia efficacemente le iniziative dei bavaresi. Prima dell’intervallo i portoghesi ci provano con un’azione insistita che vede il tiro di Gaitàn ribattuto in modo provvidenziale da Vidal.
Nella ripresa, il Benfica prende sempre più fiducia e non rinuncia a spingersi in avanti. Al 57′ Neuer vola a deviare il tiro di Jonas (squalificato nella gara di ritorno) che pochi minuti più tardi, dopo un tap-in a botta sicura di Mitroglou murato dalla difesa tedesca, calcia alto da ottima posizione. Guardiola pesca risorse fresche dalla panchina, giocandosi la carta Coman ma, nonostante la pressione finale, il Bayern non riesce a trovare il raddoppio. All’81’ Ederson dice di no con i piedi a Ribery, mentre poco dopo Lewandowski, tutto solo, sbaglia clamorosamente l’appoggio per Lahm che avrebbe segnato a porta vuota. Finisce 1-0 e la trasferta a Lisbona non sarà affatto una formalità per il Bayern Monaco.

WOLFSBURG-REAL MADRID 2-0

Il Wolfsburg, rivelazione di questa edizione della Champions, si regala un mercoledì da leoni, imponendosi con un secco e sorprendente 2-0 sulle merengues. Nello stadio della Volkswagen, parte bene il Real, che già al 2′ è in vantaggio, ma la posizione di Cristiano Ronaldo è di pochi centimetri irregolare e il fischietto italiano Rocchi annulla. Un minuto dopo l'arbitro sorvola su un contatto in area Gustavo-Bale e qui qualche dubbio resta. La partita la fa il Real che schiera la "BBC" in avanti, mentre il Wolfsburg si affida al 4-2-3-1 con Henrique, Arnold e Draxler alle spalle di Schurrle. Benzema, toccato duro al 10′ da Naldo, al 14′ ha una grande occasione: è bravissimo a saltare in area Dante, ma è altrettanto abile Benaglio a salvarsi con una gran parata. Comincia a uscire la squadra tedesca che dalla trequarti in su si muove bene e che si fa vedere con Henrique. L'episodio che cambia il match arriva al 17′: Casemiro atterra Schurrle, per Rocchi è rigore e un minuto dopo, dal dischetto, Rodriguez non sbaglia battendo Keylor Navas. Spazi larghi ed entusiasmo, il Wolfsburg può approfittarne e lo fa raddoppiando al 25′ con Arnold, bravo ad anticipare Marcelo e a battere Navas per il 2-0. Real in bambola, Zidane si sbraccia dalla panchina ma la sua squadra continua a sbandare fino al 33′ quando Benzema, di testa, manda fuori la palla del 2-1 sul cross di Bale. Il francese al 41′ lascia il campo per quella botta presa all'inizio, al suo posto Jesè: sulla coscienza due occasioni sprecate.
Serata no per Cristiano Ronaldo, che non riesce a incidere e che anche in zona-gol non è quello di sempre. Bale, forse il migliore dei suoi, lo cerca e lo trova in due occasioni: al 4′ e al 12′, ma CR7 spreca prima con il sinistro e poi di testa. Al di là delle deludenti prestazioni individuali, non gira la squadra di Zidane, che prova a cambiare volto ai suoi inserendo Isco per uno spento Modric. La mossa non produce gli effetti sperati, anzi il Real rischia lo 0-3, ma Schurrle grazia Navas dopo uno splendido contropiede. Poi è ancora Benaglio a chiudere lo specchio della porta a Cristiano Ronaldo. Il Wolfsburg controlla, Zidane all'85' si gioca anche la carta James Rodriguez, ma il risultato non cambia ed è di quelli sorprendenti, senza contare che Navas evita il 3-0 sulla giocata del neo-entrato Kruse. Per il Wolfsburg è la quinta vittoria casalinga di fila in questa edizione della Champions, mentre i "blancos", reduci dalla splendida vittoria nel "Clasico" con il Barça, dovranno centrare la "remuntada" per evitare una clamorosa eliminazione.

PSG-MANCHESTER CITY 2-2

Al Parco dei Principi finisce 2-2 tra Paris Saint-Germain e Manchester City, match caratterizzato soprattutto dai clamorosi errori di alcuni dei giocatori più attesi. Pronti via da cardiopalma tra rigori negati, assegnati e sbagliati per i padroni di casa. Dopo nemmeno 20 secondi però è il City con Aguero che mette subito in difficoltà David Luiz, costretto ad atterrare l'argentino appena fuori area e a beccarsi un cartellino giallo. Al 7′ è però il Psg a partire in contropiede con Di Maria, che premia l'inserimento di Matuidi che, a tu per tu con Hart, viene travolto da Mangala. L'arbitro serbo Mazic però lascia correre. Rigore che invece viene concesso qualche minuto più tardi per un fallo molto meno evidente del precedente di Otamendi su David Luiz: se ne incarica Ibrahimovic che si fa ipnotizzare da Hart. Il giocatore svedese prova a reagire prima con un colpo di testa bloccato dal portiere e poi con un vero e proprio rigore in movimento su assist di Thiago Motta, ma l'ex Milan spreca la più facile delle occasioni. Così sono gli inglesi a passare in vantaggio: Fernandinho è bravissimo ad approfittare di un grave errore a centrocampo di Matuidi e a servire De Bruyne: goffo tentativo di recupero di David Luiz, ma l'attaccante dei citizens non sbaglia. Alla sagra degli errori partecipano anche Joe Hart e Fernando, che sugli sviluppi di una rimessa da fondo campo regalano palla a Ibrahimovic, lo svedese si fa perdonare i due gol mancati in precedenza riportando in parità i suoi.
Nella ripresa si scatena Cavani, piuttosto anonimo nel primo tempo. Sugli sviluppi di un calcio d'angolo battuto da Di Maria, riesce ad impegnare di testa Hart; sulla ribattuta si avventa Rabiot, che porta in vantaggio i suoi. Il Psg è scatenato e con Ibrahimovic colpisce anche una traversa, sulla cui ribattuta ancora una volta Cavani manda di poco alto. Un clamoroso errore di Aurier spalanca però nuovamente le porte al definitivo pareggio del City: un suo appoggio sbagliato favorisce infatti Fernandinho, che complice anche una deviazione di Thiago Silva mette alle spalle di Trapp. Finisce 2-2, un risultato che da' qualche vantaggio al City, ma che tiene in corsa il Psg.

Alessandro Malta